Le guglie del Duomo di Milano.

In quel marmo una sfida per il presente

Dal 19 al 29 aprile sarà allestita l'esposizione sul Duomo di Milano a Palazzo dei Giureconsulti. Dagli Annali della Fabbrica, la scoperta: è il popolo che ha contribuito alla costruzione. «Uomini che lavoravano davanti a Dio, prima che per il successo»
Lucia Bresolin

In quel marmo c’è un intero popolo. È il Duomo di Milano, con le sue statue che svettano, e i telamoni affaticati dal peso delle colonne. I milanesi lo conoscono bene. Un cantiere lungo sei secoli: la storia della Veneranda Fabbrica del Duomo comincia nel 1386, quando si pongono le fondamenta della cattedrale che nessuno dei suoi primi architetti vedrà mai conclusa. Tutti si mobilitano. Solo nel primo anno, ci sono più di 4.000 persone che lavorano alla costruzione. Il popolo da parte sua dà quel che può, che sia uno o che sia cento, per poter contribuire all’opera. Storie di nobili, imprenditori, mercanti, ma anche di poveri e popolani, che si intrecciano con quella dei pilastri e dei contrafforti. A raccontarle, la mostra «Ad Usum Fabricae. L’infinito plasma l’opera. La costruzione del Duomo di Milano», allestita dal 19 al 29 aprile presso il Palazzo dei Giureconsulti e promossa dal Centro Culturale di Milano con la Compagnia delle Opere.

In esposizione, anche alcuni pezzi significativi del patrimonio archivistico e museale della Fabbrica. I registri degli Annali, per esempio, che documentano come nella stessa giornata potesse essere incassata una donazione della figlia di Gian Galeazzo Visconti e, insieme, la decima della “notte” di una prostituta. La mostra nasce dallo studio di questi documenti ad opera di Martina Saltamacchia, docente di Storia Medioevale all’Università del Nebraska, che qualche anno fa, nel suo lavoro di tesi, ha scoperto che la cattedrale gotica era stata eretta in gran parte dai contributi dell’elemosina del popolo.

«Se c’è un edificio che nella nostra tradizione esprime la natura dell’uomo come rapporto con l’infinito, è certamente la cattedrale. Perciò al Duomo, anzi al cantiere del Duomo, abbiamo voluto dedicare questa mostra», spiegava Mariella Carlotti, la curatrice, in occasione della prima esposizione, allo scorso Meeting di Rimini. Basta vedere una guglia esposta accanto ai pannelli per capire: un’opera scolpita alla perfezione, ma fatta per essere posta a novanta metri da terra, là dove occhio umano non potrebbe mai apprezzarne la bellezza, curata fin nei minimi dettagli: «Erano uomini che lavoravano davanti a Dio, prima che per il successo e per la riuscita puramente umana».

«Le persone che hanno costruito il Duomo di Milano, possono insegnarci anche oggi il senso della nostra vita sociale», aveva detto Bernard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, durante la presentazione a Rimini, sottolineando l’attualità di una mostra che «non ci porta indietro, non ci evita il confronto con il presente, anzi lo favorisce».

Insieme alla curatrice saranno presenti all’inaugurazione di giovedì 18, alle ore 18, anche il presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Angelo Caloia, il Vicario episcopale per la Cultura Monsignor Luca Bressan, e il sindaco, Giuliano Pisapia. Un altro appuntamento è fissato per martedì 23, alle ore 21, con l’incontro "Il cantiere del Duomo di Milano esempio per lo sviluppo della città", dove intervengono la Carlotti e l’altra curatrice della mostra Martina Saltamacchia, Franco Cambielli, imprenditore, e Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere.
La mostra rimarrà aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle 20.