Giovanni Testori.

L'astrazione è un «grumo senza Dio»

A vent'anni dalla morte dello scrittore, il Centro Culturale di Milano ha organizzato un convegno per ricordarlo. Si parte dalla provocazione: «La cultura di oggi dice di occuparsi dell'uomo. In realtà procede contro l'uomo e contro se stessa»
Maria Luisa Minelli

«Noi non calcoliamo quanta distruzione, quanta morte, quanti delitti, quanti assassini vengono compiuti attraverso l’astrazione». Così Giovanni Testori, nel dialogo con Luigi Giussani, legge la riduzione operata dall’uomo moderno nel rapporto con la realtà. È questo il tema del convegno dal titolo: «Giovanni Testori. Il senso della nascita. Una consegna», che si è tenuto giovedì 11 aprile nella sala Verri del Centro Culturale di Milano, organizzato nel quadro delle iniziative per il ventesimo anno dalla morte di Giovanni Testori, patrocinate dal Comune di Milano. L’occasione è la riedizione proprio de Il senso della nascita. Colloquio con Luigi Giussani, e l’uscita del terzo volume per i classici Bompiani delle Opere di Testori.

Ma, al fondo, cos’è questa astrazione? E soprattutto, qual è stata la lotta di Testori contro di essa? Il primo a prendere la parola è Luca Manes, giovane poeta e studente all’Università Statale di Milano che, introducendo l’incontro, ripropone le parole dello scrittore lombardo: «L’astrazione deriva dal “tentativo di ridurre il grumo iniziale (…) Quel grumo per liberare il quale lo s’è glorificato ed esaltato come grumo di materia e basta, cercando, ma senza riuscirvi, di togliervi la presenza non eliminabile di Dio, dell’Eterno, del Totale”». Sta dunque qui l’inghippo della società moderna secondo la visione testoriana: il tentativo di eliminare Dio. Il «grumo senza Dio è non-grumo, è non-vita, è non-uomo», per cui si è arrivati ad una cultura astratta, che «dice di occuparsi dell’uomo, ma che in realtà procede contro l’uomo e contro se stessa».

Tra gli ospiti del convegno anche Fulvio Panzeri, curatore delle Opere di Testori per i classici Bompiani, che ricorda: «Prima della conversione Testori considerava la nascita una maledizione, perché l’uomo non ha gli strumenti per capire perché siamo nati». Tutto cambia dopo la morte della madre e con la scrittura del monologo teatrale Conversazioni con la morte. Attraverso un grande dolore giunge ad un riconoscimento e, nel rapporto con Cristo, la nascita assume un altro significato, diventa legame e relazione, partenza di tutto. Panzeri parla di questo rapporto non come dimensione astratta, e nemmeno teologica. Per Testori, Cristo è da trovare nel quotidiano, in tutta la realtà, passando anche attraverso il peccato e l’errore.

Da qui i motivi dello scandalo che ha accompagnato la produzione dell’autore milanese. Ne parla Laura Peja, docente di Disciplina dello Spettacolo all’Università Cattolica di Milano, che prosegue: «Il teatro non è astrazione, è parola che si fa corpo e voce, carne e sangue» . E per questo è uno degli ambiti privilegiati per l’espressione artistica di Testori e luogo della ricerca inesausta del «senso della nascita». Perché solo penetrando la realtà, nella sua fisicità, è possibile scoprire il senso dell’esserci.

Sulle fila di questo discorso interviene anche la critica d’arte Elena Pontiggia, che cita un commento dello scrittore sul pittore futurista Boccioni: «Del futuro mostra non la gloria, ma una certa precarietà. (…) La storia è un edificio che è sempre franante, eppure c’è in noi un’indicibile armonia». E commenta: «Chiamare l’armonia col nome di Provvidenza implica un’accettazione dei propri disastri». Prosegue il discorso Vittorio Sgarbi: «L’arte che piace a Testori è "im-plicata", è un’arte in cui l’uomo è protagonista con tutta la sua sofferenza, il suo dolore e il suo disagio».

Come l’arte e l’esprimersi dell’umano può essere "implicata" e come può discendere nel corpo della vita? Prova a rispondere Davide Rondoni: «La sua grandezza sta nell’aver preso la propria epoca e nell’averla portata dove non voleva stare: nel cesso e sulla croce», e prosegue: «Testori aveva un problema, che non era stato affrontato nel suo tempo: il rapporto tra corpo e sacro, ovvero la salvezza del corpo».

Qual è stata dunque la consegna di Testori? Forse l’attacco più vero all’astrazione e alla cecità della cultura moderna che ha separato la nostra origine e il nostro esserci dalla presenza di Dio. Un continuo recupero e ritorno nella ragione e nel senso della nostra nascita, e dunque nel nostro legame di figliolanza con Dio.