Stéphane Hessel.

Quella differenza tra Havel e il papà degli indignados

Ha ispirato con i suoi pamphlet il movimento Occupy Wall Street. Ma nel suo "testamento spirituale" si corregge. E cita l'opera del più famoso dissidente ceco. Eppure Stéphane Hessel non ne coglie la vera novità. Ecco perché
Alessandra Stoppa

Nei giorni scorsi, Repubblica ha pubblicato in traduzione un brano dal testamento di Stéphane Hessel: “Indignarsi non basta”. Suona strano per l’ultimo scritto del padre ispiratore degli indignados e degli Occupy Wall Street. L’ex partigiano, tra i redattori della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, scomparso due mesi fa, è l’autore del pamphlet Indignatevi!, diventato subito manifesto delle proteste e caso editoriale, dopo che in Francia ha venduto più di due milioni di copie.
Ad Indignatevi! sono seguiti Impegnatevi! e poi Vivete!. Il climax dei titoli è significativo. La fine farebbe sperare in un graduale ribaltamento dell’inizio, soprattutto leggendo il terzo capitolo della serie, quello che viene appunto considerato il suo testamento spirituale.
Hessel dice che non avrebbe mai immaginato che «un libretto di trenta pagine potesse avere una tale ripercussione e mobilitare così tante persone». Ma, a maggior ragione, gli preme fare un avvertimento, quasi a correggersi: «Indignarsi e manifestare non è sufficiente». Spiega che lui è allergico alle rivoluzioni, ché non portano da nessuna parte, per cui serve agire in un altro modo. Così, ad un certo punto, rivolgendosi ai giovani cita Il potere dei senza potere di Václav Havel, il pamphlet del dissidente ceco appena pubblicato in Italia (Itaca/La Casa di Matriona). Riporta questa frase: «Ognuno di noi può cambiare il mondo. Anche se non ha alcun potere, anche se non ha la minima importanza, ognuno di noi può cambiare il mondo».

Sembra indolore la citazione, nel contesto. Si può facilmente pensare - com’è verosimile che pensasse Hessel - che la frase di Havel coincida con il cuore del suo discorso. Potrebbe sembrare l’orizzonte ideale di tutto ciò che dice: il fatto che «il cambiamento non può venire da azioni violente contro l’ordine costituito»; che l’impulso deve essere canalizzato, per fruttare, da «un lavoro intelligente, a lungo termine, attraverso l’azione e la concertazione», e altro. Ma a ben vedere quello che scrive Hessel è molto distante dall’esperienza di cui parla il drammaturgo che divenne Presidente della Repubblica ceca. Lo scrittore francese prende a riferimento Havel, fermandosi alla suggestione. Alla risonanza di un’idea che pare molto simile alla sua.

Hessel sta dicendo ai giovani: a cambiare il mondo non saranno le proteste, ma sarete voi. La vostra presenza. Ma è su questo esserci che si gioca tutta l’alternativa tra i due “testamenti”. Un’alternativa che viene azzerata, se non si legge Il potere dei senza potere per quello che è. Hessel dice a ciascuno: sei tu a fare la differenza. Ma al posto di andare all’origine di questo, va alle sue conseguenze: serve il tuo personale impegno, serve che entri nei partiti anchilosati per rinvigorirli, serve che ti dimostri utile nell’economia e nel sociale. Fino a dire: «Ci salveremo se creeremo un nuovo modello di sviluppo, socialmente giusto e rispettoso del pianeta». È ancora la politica che cambia il mondo. La sostituzione di un sistema con un altro.

Esattamente l’opposto di quello che dice Havel: «Non è detto che con l’introduzione di un sistema migliore sia garantita automaticamente una vita migliore, al contrario: solo con una vita migliore si può costruire anche un sistema migliore».
Se Hessel arriva a dire che non basta indignarsi, Havel sta dicendo che non basta un nuovo modello da concepire e lanciare. Per lui il vero cambiamento, reale, profondo e stabile, «non può partire dall’affermarsi dell’una o dell’altra concezione politica, ma dovrà partire dall’uomo, dall’esistenza dell’uomo». Da una vita vissuta nella verità. È in questo che ciascuno di noi fa la differenza.
L’ortolano di Havel, che togliendo il cartello dalla sua vetrina mette in crisi la menzogna di tutto ciò che gli sta intorno, trasforma il mondo perché quel gesto illumina il resto. Havel è capace di essere una provocazione così originale al presente per questa ragione: non ci ricorda di togliere il cartello, ci fa scoprire perché chi lo toglie ha più potere di un intero regime.