L'incontro con Fabrice Hadjadj in Cometa.

«Dono e perdono, la benzina della famiglia»

«La famiglia è il luogo della trasmissione della vita e dell'essere», ha detto Hadjadj agli amici di Cometa che lo hanno invitato all'incontro "Essere genitori fra responsabilità e sorpresa". Tra gli interventi, anche quello del vescovo, monsignor Coletti
Giampaolo Cerri

«L’essere della paternità ci rimanda all’Essere, all’apertura all’altro, al far nascere. Per questo la famiglia sarà sempre il luogo di resistenza alle costruzioni totalitarie e tecnocratiche». Fabrice Hadjadj, francese di Nanterre, classe 1972, filosofo, direttore dell’Istituto europeo di studi antropologici di Friburgo, è venuto a Como, venerdì 31 maggio, per parlare di famiglia, anzi di “Essere genitori fra responsabilità e sorpresa”. Lo ha fatto per la lunga amicizia che lo lega a Erasmo Figini, uno dei fondatori di Cometa (l’esperienza di accoglienza di alcune famiglie). E nasce proprio da Cometa la cooperativa Il Manto, che ha organizzato il convegno.

«Ringrazio Erasmo perché, con suo fratello Innocente, mi ha dato l’esempio di cosa sia la famiglia e cosa sia l’essere padre. E se oggi non ho paura d’essere papà di sei figli, lo devo anche a lui», aveva chiarito prima di cominciare.
Il convegno, “Accogliere la famiglia per sviluppare una risorsa”, è servito a documentare un’esperienza di ascolto dei bisogni familiari: il progetto “La casa sulla roccia”, al giro di boa del primo anno.
Con Hadjadj è intervenuto il sociologo della Cattolica Mauro Magatti, a parlare dei “Legami familiari: potenziale risorse” e, con i due relatori, anche il vescovo di Como, monsignor Diego Coletti e il sindaco Mario Lucini, con l’assessore alla Politiche sociali comasco, Bruno Magatti, a coordinare i lavori.
Monsignor Coletti ha salutato ricordando che la famiglia è un motore che ha bisogno del carburante adeguato, se lo sbagli, si ingolfa irrimediabilmente: «E la benzina della famiglia sono dono e perdono», ha detto, citando sant’Ambrogio, su Dio che si riposa al settimo giorno della Creazione «perché aveva trovato qualcuno da perdonare», e richiamandosi a papa Francesco che, in settimana, aveva parlato «del peccato come occasione di Misericordia».
Quindi è toccato ad Hadjadj, che ha denunciato la mancanza di una riflessione «sull’essenza della paternità, su ciò che è all’origine della nostra vita».

Mentre la crisi della famiglia colpisce anche il tessuto sociale attraverso il “cerchio quadrato”, espressione francese che indica il non senso, del matrimonio omosessuale, recentemente introdotto nella legislazione del suo Paese. Crisi «che è stata una grazia: si è resa necessaria una discussione della famiglia perché ci si mettesse a pensare a questa evidenza». Discussione da cui è scaturita una battaglia «a parti invertite» nella quale «la Chiesa, tempio dello spirito, difende la carne». Se, infatti, una volta si pensava che il sesso fosse nemico delle gerarchie, «oggi solo la Chiesa può salvare la sessualità, lo spirituale e il carnale». Mentre, in un singolare rovesciamento, quelli che negli anni Settanta contestavano la famiglia «come repressione della libido, della donna, dei figli» ecco invocare il matrimonio, cioè la famiglia, fra persone dello stesso sesso. «La post-modernità aveva pensato di sbarazzarsi della famiglia», ha osservato Hadjadj, e ora la assimila. Gli avversari di ieri, oggi invocano «la famiglia “per tutti”».

A questo attacco si risponde parlando della famiglia «come luogo dell’amore e della realizzazione di sé, dell’educazione», commettendo «l’errore metafisico di non distinguere l’essere e il bene». La famiglia, per Hadjadj, non è appena il luogo di trasmissione dei valori «ma della trasmissione della vita e dell’essere». E puntare sulla “perfezione” familiare può rivelarsi appunto fallace. «Quando Gesù parla della famiglia è per dire che ci avrebbe portato la spada», ha ricordato Hadjadi, mentre una delle prime immagini di quella di Nazareth mostra Maria e Giuseppe cercare disperatamente il piccolo Gesù, smarrito nel tempio. «E la parole usate dalla Madonna», ha sottolineato lo studioso, «furono: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ti abbiamo cercato nell’angoscia”». Cercare nell’angoscia, ha spiegato il filosofo, appartiene «all’essenza dell’essere genitori, perché ci sarà sempre una dimensione drammatica: la famiglia è il luogo dove le cose non funzionano». La famiglia, infatti, “non funziona”, ha sottolineato Hadjadj «nel senso che è un luogo di vita, di incontro, e come tale di prova». Non solo, «la famiglia è il luogo della prima miseria, perché i genitori, che non hanno mai imparato a esserlo, si scoprono autorità senza competenza, ed è quindi è luogo della prima misericordia, quella verso se stessi».
Quanto al matrimonio gay, il filosofo ha spiegato che è figlio del passaggio dal concetto di città, proprio della polis aristotelica, a quello di società, mutuato dall’economia. «E in una società si stipulano contratti, non importa il sesso dei contraenti», ha osservato. Però non mancano le contraddizioni: la famiglia pensata in modo contrattuale prevede due uomini o due donne, “il genitore 1” e il “genitore 2” recita la legislazione francese. «Ma allora perché limitarsi?», ha chiesto provocatoriamente, «fermarsi a due significa siamo sotto la fascinazione del dato naturale».
Dal sociologo Magatti parole di grande sintonia: «La famiglia è un punto di resistenza rispetto all’ideologia dell’individualismo e della tecnica, il tecno-nichilismo che ci vuole tutti performanti. Difenderla non è una questione moralistica, ma di libertà».

Per fortuna che c’è una “casa sulla roccia” quella, che secondo i Vangeli, resistette alla tempesta. Si chiama così il progetto di ascolto familiare messo in piedi a Como dalla cooperativa Il Manto, nata dall’Associazione Cometa, col sostegno di Fondazione Cariplo e di un’azienda locale, la Lisa Spa.
In un anno 659 richieste d’aiuto, nel 53% dei casi sono coppie ma, per l’altra metà, si tratta di nuclei monoparentali, cioè donne (79%) o uomini (21%) rimasti soli. Riportano soprattutto difficoltà educative (63%) ma anche disagio di coppia (14%) e in misura minore altri problemi. Gli operatori hanno indirizzato i bisogni ai servizi sul territorio, alle risposte psicologiche, alle reti di welfare, ma spesso «hanno aiutato a riprendersi con le proprie forze», ha spiegato Maria Cristina Calle, psicologa e giudice onorario del Tribunale dei Minori di Milano, responsabile scientifico del progetto. «La maggior parte dei genitori riportano casi di ragazzi alle prese con un arresto evolutivo», ha detto Calle, «e il confronto con i nostri educatori ha permesso di non ingolfare i servizi sul territorio, ma soprattutto di evitare l’etichetta della malattia psichica che può segnare la vita di un adolescente».