La Cappella del Rosario di Henri Matisse.

Un pomeriggio con Matisse

Il colore, la luce, lo spazio sacro. Per comprendere l'ultimo capolavoro dell'artista francese, la Cappella del Rosario di Saint-Paul-de-Vence, un workshop con critici e artisti. Il 22 marzo, a Novate Milanese
Rebecca Austeni

Una risposta secca, alla domanda di Luca Doninelli sui pittori più significativi del Novecento. Giovanni Testori non esita: Picasso e Matisse. E prosegue, a proposito di Matisse: «Hai mai visitato la cappella che lui fece a Saint-Paul-de-Vence? Vetrate, pianete, pissidi: fece tutto lui. E pensare che in quegli anni era ormai immobile, e non poteva più usare nemmeno le mani. Allora disegnava su fogli colorati, rossi, azzurri, gialli, servendosi di un gran bastone, e poi, sempre con uno bastone, li tagliava e li incollava. Verso la fine della vita, poi, smise anche il colore. Forse scoprì che il suo grande sogno era sempre stato la vetrata, ossia il colore ma, insieme, qualcosa che oltrepassa il colore: la concentrazione della luce. Di lui ricordo una bellissima frase che dice pressappoco così: quando metto il verde non intendo il prato, ma la concentrazione di tutti i verdi e di tutti i blu».

Come spesso è accaduto, le parole di Testori si sono rivelate profetiche, rispetto all’attenzione che proprio ora si sta dando all’ultimo periodo della vita di Henri Matisse: il 17 aprile inaugurerà alla Tate Modern di Londra una grande mostra che sarà poi ospitata al Moma di New York sulla produzione degli ultimi quindici anni di vita dell’artista. Ritagli di carta colorata, che anticipano il culmine rappresentato dalla Cappella di Santa Maria del Rosario a Vence.

Era il 1942, quando Henri Matisse conobbe Monique Bourgeois, sua infermiera durante una lunga degenza in ospedale, dove l’artista era ricoverato dopo essere stato operato per un tumore all’intestino. Uscito dall’ospedale, Matisse chiese a Monique di posare come sua modella, fino al 1944 quando Monique Bourgeois entrò in convento, diventando Suor Jacques-Marie. I due rimasero sempre in contatto, con una corrispondenza fitta e intensa. Scrisse Henri Matisse: «Io sono stato condotto (molto modestamente) pertanto ed io l'ho constatato solamente in questi ultimi anni, guardando a ritroso il mio cammino, a considerarmi come destinato dall'Altissimo a risvegliare nello spirito degli altri uomini la visione delle cose, che conduca ad una elevazione dello spirito, fino a giungere al Creatore. Io obbedisco - io lo credo fermamente - al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo».

Fu proprio Suor Jacques-Marie a invitare Matisse a progettare una cappella per il foyer Lacordaire, a Vence, dove lei risiedeva. Il risultato è la sintesi della ricerca artistica di una vita, in cui la luce si fa colore attraverso le vetrate.Per ripercorrere questa tappa fondamentale della storia dell’arte, Casa Testori a Novate Milanese ospita sabato 22 marzo dalle 15 un laboratorio sull’ultimo Matisse, un appuntamento di riflessione e confronto che prende spunto dalla pubblicazione di un volume in cui per la prima volta un'équipe fotografica ha avuto a disposizione la cappella del Rosario di Vence per un giorno e una notte (Matisse. Vence, edizioni Jaca Book). Aprirà i lavori Davide Dall’Ombra, direttore di Associazione Giovanni Testori e docente all’Università Cattolica di Milano, che racconterà il rapporto tra Giovanni Testori e Matisse. Seguirà l’intervento di Marco Meneguzzo, critico d'arte e docente all'Accademia di Belle Arti di Brera, un'introduzione storico-artistica su Henri Matisse, per poi lasciare spazio a Marco Casentini, artista e docente all'Accademia di Belle Arti di Brera, con una riflessione sul ruolo e l'influenza di Matisse nell'arte contemporanea. Concluderà il pomeriggio la visione del documentario A Model for Matisse, che racconta l'affascinante storia di suor Jacques-Marie.

Prenotazione obbligatoria: 02 36589697; info@associazionetestori.it (entro mercoledì 19 marzo)
Quota di partecipazione: 20 euro. Per studenti e soci: 15 euro.