Bernardino Luini, <em>Madonna del Roseto</em>.

Quelle Madonne che ci fanno sentire a casa

Milano lancia una sfida: una grande mostra sull'opera di Bernardino Luini. Per riproporre il pittore lombardo senza chiuderlo in una cornice antiquaria. Ma per farci riscoprire una religiosità semplice e quotidiana
Giuseppe Frangi

Il quadro più commovente della mostra è la Madonna del Roseto, che davvero sembra una Madonna apparsa e ritratta nel giardino di casa: non per niente è l’opera scelta per il manifesto e per la copertina del catalogo della grande e bellissima mostra che Milano ha voluto dedicare al “suo” Bernardino Luini.
C’è un qualcosa di immediatamente familiare in questa tavola dipinta dall’artista intorno al 1516 e custodita a Brera. Da una parte s’intuisce una grande familiarità con il soggetto, continuamente richiesto dal “mercato”, tanto che il suo studio doveva funzionare come una piccola “factory” in quella Milano di primo Cinquecento. Dall’altra c’è una dimensione di familiarità più profonda e originaria, perché l’orizzonte domestico del Dio bambino, dello sguardo intenerito e insieme venato di malinconia della madre, era quello che Luini sentiva completamente congeniale a sé e alla propria natura poetica.
Nel dipinto, Maria è seduta davanti ad un accuratissimo graticcio sul quale si arrampica una rosa, con tanto di fiori, di boccioli e di foglie di un verde corposo, che comunicano un senso di tenerezza e insieme di frescura. Davanti, a far da protagonista è il Bambino, che punta lo sguardo, già molto consapevole, verso di noi; nello stesso tempo s’allunga a prendere con la mano il fiore d’aquilegia piantato nel bel vaso appoggiato sul ripiano. La mamma, dal canto suo, assiste a quel gesto, che probabilmente allude simbolicamente ai dolori che dovrà sperimentare per il destino di suo figlio, senza interferire. Ma è di una delicatezza indimenticabile il gesto con cui tiene tra le dita, quasi accarezzandolo, il piedino del suo bambino.

Luini è un artista che ama la misura media. Anzi in questa “medietà” trovò il suo spazio e la sua fortuna. Quando nel 1501 lo troviamo stabile a Milano (dove era arrivato dal paese natale, Dumenza, vicino a Luino), il grande Leonardo aveva lasciato la città da pochi mesi. In quasi 20 anni di permanenza alla corte di Ludovico il Moro aveva lasciato un segno profondo, che poteva anche impaurire e quasi paralizzare un giovane artista, tanto la sua grandezza appariva inarrivabile. Ma Luini con la sua natura calma, da gran lavoratore della pittura venuto senza pretese di primeggiare, riuscì a metabolizzare il vertiginoso immaginario leonardesco, rendendolo visione diffusa e alla portata di tutti. Così se Leonardo nella sua ansia di inoltrarsi in strade vergini e ignote, aveva lasciato a Milano pochissime opere, Luini invece agisce in direzione opposta: abbassa le pretese e dissemina la città, e tutto il territorio tra Lombardia e Ticino, di quelle sue immagini, nate per diventare immediatamente familiari a tutti.

Luini, infatti, è uno straordinario pittore diffuso; per questo, oltre che in mostra, andrà scoperto in alcuni luoghi dove ci incanta con la sua bellezza, la sua vocazione a narrare e per questa sua capacità di avvolgere il nostro sguardo. Luini è un pittore in cui quasi ci si immerge, come se la sua pittura s’allargasse felicemente anche all’aria attorno con quella sua dolcezza e quella familiarità di cui si diceva a proposito della Madonna del Roseto. San Maurizio al Monastero Maggiore, San Giorgio al Palazzo, Santuario di Saronno, Santa Maria degli Angeli a Lugano, per dirne solo alcune, sono tappe davvero imperdibili in questo territorio che Luini ha quasi impregnato di se stesso.

Ma la sua popolarità non si è sempre tradotta anche in fortuna critica. Se nell’Ottocento per Stendhal, Balzac e Ruskin era il Raffaello del Nord, nel Novecento la sua fortuna è andata via via scemando, così come andava dissolvendosi e trasformandosi il tessuto di quel cattolicesimo lombardo semplice e popolare.
Le immagini di Luini vegliavano nelle case e dietro i lettoni dei nostri nonni; oggi, evidentemente, le cose sono messe in maniera molto diversa e quelle immagini, se non si sono perse, stanno tutte impolverate in soffitta. Quindi rilanciare Luini nel 2014 rappresentava una grande e anche rischiosa sfida. Sfida raccolta da due storici dell’arte dell’Università Statale di Milano, Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, che hanno proposto al Comune di Milano non di fare una doverosa mostra, ma di fare una “grande” mostra su Luini.
Il problema era quello di far dialogare l’immaginario e la poesia di Luini con la contemporaneità; di non chiudere l’artista dentro un allestimento protettivo e un po’ museale, ma provare ad esporlo in modo nuovo. Di qui l’idea vincente di affidare l’allestimento a un grande designer milanese di oggi, Piero Lissoni, che ha guardato a Luini non con occhio antiquariale, ma cercando sottotraccia un link tra la Milano di quel tempo e quella che oggi è leader nel creare belle cose per la vita di tutti i giorni: nell’arte di Luini c’è, infatti, un gusto positivo per la quotidianità, una premura nei confronti delle cose concrete della vita, che la fa essere di stimolo allo sguardo e alla fantasia di un creativo di oggi.

La religiosità di Luini si dispiega sempre dentro un orizzonte di normalità. Le sue immagini non sono concepite per suscitare grandi pensieri o sussulti mistici ma per far compagnia ai semplici. È emblematica e anche indimenticabile, da questo punto di vista, la Madonna della Buonanotte, dipinta da Luini alla Certosa di Chiaravalle, in cima alla scala che i monaci cistercensi ancor oggi salgono per andare alle celle. In occasione della mostra questo spazio, in genere chiuso ai visitatori, verrà invece reso accessibile in determinati orari.
La Madonna più che grande sembra dilatarsi in larghezza, con il mantello che abbraccia e accoglie chiunque si avvicini salendo quelle scale. Sullo sfondo si scorge un paesaggio docile anche se immaginario rispetto al contesto dell’abbazia, in cui si raccontano episodi della vita di san Bernardo e san Benedetto. In alto si scorge la grande torre campanaria di Chiaravalle, che era ed è un punto di riferimento per chiunque da Sud si avvicini a Milano. Tutto in questa immagine ha un tono familiare ed amico, come di un mondo ben noto, affidabile, quasi premanzoniano. È la forza di Luini, maestro semplice che ti fa sentire sempre a casa.

Bernardino Luini e i suoi figli
Milano, Palazzo Reale
Fino al 3 luglio 2014
Info: www.mostraluini.it
Per visite guidate con i curatori: info@casatestori.it