Il senso degli artisti per la luce

Una visita guidata esclusiva alla grande mostra di Robert Irwin e James Turrell a Villa Panza (Varese). Un grande collezionista, due artisti di fama mondiale, un'esperienza indimenticabile. Appuntamento il 13 settembre. Iscrivetevi al più presto
Giuseppe Frangi

L’arte come esperienza, in una mostra che non è da vedere, ma da sentire. Tracce, in collaborazione con Casa Testori Associazione Culturale, invita i suoi lettori a Villa Panza (Varese) per una visita guidata esclusiva alla mostra Aisthesis - All'origine delle sensazioni. Il FAI - Fondo Ambiente Italiano celebra il genio di Robert Irwin e James Turrell, artisti californiani di fama mondiale, esponenti dell'Arte ambientale e della percezione, dedicando loro una grande mostra. Guide d’eccezione saranno Anna Bernardini, direttrice di Villa Panza, e Giuseppe Frangi, direttore dell’Associazione Testori, che firma la presentazione che vi proponiamo qui di seguito.



VISITA ALLA MOSTRA DI IRWIN E TURRELL
A Villa Panza (VA), sabato 13 settembre ore 10
Ingresso e visita guidata: € 20
Prenotazione obbligatoria entro martedì 9 settembre
scrivendo a info@casatestori.it o chiamando 02.36589697


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Varese, California. Potrebbe essere davvero questo il sottotitolo della bellissima mostra che Villa Panza dedica a due degli artisti più cari a Giuseppe Panza, il grande collezionista scomparso nel 2010. È un sottotitolo che funziona per due motivi. Il primo, in quanto rende l’idea di una mostra che si defila dal provincialismo che contrassegna la produzione espositiva italiana di questi tempi. Il secondo, perché la spiazzante contaminazione tra due luoghi così distanti non solo geograficamente, è la chimica che dà una straordinaria intensità, anche emotiva, al percorso.

La California, o più precisamente Los Angeles, è più che il luogo natale dei due protagonisti, Robert Irwin (Long Beach, 1928) e James Turrell (Los Angeles, 1941). È soprattutto un mondo dove tempo, luce, passato e futuro assumono un’altra dimensione. È quella frontiera occidentale verso la quale l’arte è stata sospinta a sperimentare percorsi sempre più radicali, nell’ultimo scorcio di 900. È indubbio che il lombardo Giuseppe Panza sentisse quanto mai congeniale quella frontiera, che aveva sottoposto l’oggetto artistico ad un processo di estrema smaterializzazione. «Le opere di Irwin che avevo visto a New York mi avevano aperto un altro mondo», racconta Panza nel libro conversazione con Philippe Ungar (Giuseppe e Giovanna Panza collezionisti, Silvana 2013). «Gli incontri con questi artisti sono stati tra le esperienze più interessanti della mia vita… mi hanno permesso di trasformare la mia visione dell’infinito… A Los Angeles si ha la sensazione di essere dentro qualcosa che non ha radici, non ha passato. Il lavoro degli artisti californiani che mi interessavano era d’altro canto una forma di resistenza agli eccessi della città, ai soldi, al potere, all’ambizione e all’apparire in generale».

Era il 1973 e Panza poteva scoprire che in California stava proseguendo quel processo di liberazione dell’arte dalla schiavitù dell’oggetto, che New York aveva tradito con il trionfo un po’ ingordo della Pop Art. Liberazione dall’oggetto, sia nel senso dell’oggetto come centro della rappresentazione artistica, sia nel senso dell’opera come manufatto. Non a caso il capitolo del libro conversazione dedicato a Los Angeles si intitola “Collezionare l’incollezionabile”. Panza in realtà chiamò subito Turrell e Irwin a Varese e affidò loro alcuni ambienti dell’ala dei Rustici, non perché mettessero le loro opere, ma perché li trasformassero in loro opere. Ne nacquero sei ambienti che fanno parte del percorso abituale per chi arriva a visitare la Villa: Varese Portal Room (1973) di Irwin è un’apertura sul giardino, inquadrata da un’intelaiatura interna diagonale, prospettiva capace di sprigionare tutta l’energia “non vista” in un’immagine del tutto abituale e consueta. Lunette (1974) di Turrell è invece una lunetta aperta in fondo al lungo corridoio (che nella prima parte ospita le luci del meraviglioso Varese Corridor di Dan Flavin): grazie a un accuratissimo uso di neon nascosti nell’ambiente, guardando nella lunetta aperta solo sul cielo – ovviamente orientato verso Ovest - si assiste a visioni continuamente in mutazione che a volte arrivano addirittura ad assumere una materialità pittorica.

Sono passati 40 anni. Giuseppe Panza ha lasciato la sua straordinaria casa-collezione al Fai, che ne garantisce l’apertura al pubblico e che non si limita alla normale amministrazione ma cerca di implementare il percorso con mostre pensate in piena coerenza identitaria con il luogo. Due anni fa era stata la volta di Bill Viola. Ora invece sono stati invitati quei due artisti losangelini tanto amati da Giuseppe Panza. Due artisti che in questi decenni hanno conquistato una fama globale, come ha dimostrato il successo quasi da star di James Turrell al Guggenheim di New York.

La mostra a Villa Panza però evita saggiamente quel tono da performance che aveva assunto l’esposizione newyorkese; Michael Govan, direttore del Lacma di Los Angeles e Anna Bernardini, direttrice di Villa e Collezione Panza, hanno saputo dare un chiaro timbro curatoriale alla mostra, proponendo un percorso storico di grande chiarezza e anche intensità, a cui è stato aggiunto il “tocco” di due installazioni nuove pensate ad hoc per la Villa: Ganzfeld, (Campo totale), opera di Turrell pensata per la mostra di Varese, nel grande ambiente delle Scuderie, e che l’espressione massima e più compiuta della sua poetica. A fianco, nell’ambiente suggestivo della Limonaia, Irwin ha invece creato il suo Varese Scrim 2013. È forse il punto più alto e indimenticabile di questa mostra: una grande intelaiatura, alta sino al soffitto,accoglie degli immensi velari di nylon. La struttura compone quasi un labirinto in quell’ambiente lungo e stretto, e le figure che s’inoltrano, viste dall’ingresso, diventano via via delle ombre. Ma Irwin ha voluto intervenire anche sui muri, aprendo delle alte e bellissime feritoie nella parete che dà verso il parco. Si crea così un dialogo tra due mondi, tra Varese e la California. Il gioco dei velari dentro lo spazio della Limonaia è una declinazione della dimensione di infinito “losangelino”; ma quella dimensione vive solo grazie alla luce proveniente dal bellissimo paesaggio lombardo. Anche il “senza tempo” ha bisogno di un “qui ed ora” per essere sperimentato.