Harry Wu.

«Il mio nome è Harry Wu...»

È stato una voce della dissidenza cinese. Internato per 19 anni, "scappato" negli Usa, non ha mai smesso di denunciare le violazioni dei diritti umani nei "laogai" di Pechino. È morto ieri a 79 anni. Qui, il suo intervento al Meeting nel 2009

Nato a Shangai nel 1937, cattolico e proveniente da una famiglia agiata, Harry Wu è stato un attivista cinese per i diritti umani.
Fu arrestato una prima volta nel 1956 per aver criticato il Partito comunista cinese durante la Campagna dei cento fiori.
Senza processo, nel 1960 fu inviato nei laogai, campi di lavoro, con l’accusa di essere un controrivoluzionario. Diciannove anni in dodici campi diversi, costretto ad estrarre carbone, costruire strade e lavorare la terra. Rilasciato nel 1979, si è trasferito negli Stati Uniti, dove è diventato professore di Geologia all’Università della California e dove, nel 1994, ha ottenuto la cittadinanza.
Il racconto degli anni nei laogai è raccolto nel libro Bitter Winds (1994). Nel 1995 fu arrestato mentre tentava di rientrare in Cina: condannato a 15 anni di prigione, fu subito estradato negli Stati Uniti dove ha continuato le sue ricerche sui campi di prigionia cinesi.
Dopo aver ricevuto numerosi premi per la sua attività, è stato direttore esecutivo della Laogai Research Foundation, da lui fondata nel 1992, e del Centro Informazioni sulla Cina a Washington.
È morto durante un viaggio in Honduras, all'età di 79 anni.

Qui, il suo intervento al Meeting di Rimini nel 2009, chiamato a raccontare la sua storia a 20 anni dalla rivoluzione di piazza Tien an men a Pechino