Uno degli asili di Rosetta a Belo Horizonte.

La Beleza riporta Rosetta a Bernareggio

È volata cinquant'anni fa dalla Brianza in Brasile, per aiutare i bambini poveri nelle favelas di Belo Horizonte. Un'esposizione fotografica, in bianco e nero, racconta la vita oggi negli asili e nelle case dei piccoli che ha aiutato
Alessandro Giuntini

Ombre e luci, bianco e nero. È la scelta stilistica di Francesco Girardi e Piero Tampellini per la mostra fotografica Beleza, che descrive per immagine la realtà quotidiana, drammatica ma al tempo stesso portatrice di bellezza, dell’opera di Rosetta Brambilla in Brasile. Giessina della “prima ora”, nel 1967 è volata da un piccolo paese della Brianza, Bernareggio, alla metropoli di Belo Horizonte, per stare con i più poveri abitanti delle favelas, i bambini. Aveva iniziato con la piccola struttura di accoglienza di Primeiro de Maio, oggi ha otto asili in giro per tutta la città e alle spalle più 1200 bambini e ragazzi assistito e aiutati dall’associazione “Obras educativas Padre Giussani”, da lei fondata.

L’idea di fare una mostra fotografica, composta da quaranta foto degli asili e delle favelas, è nata l’anno scorso, quando i due fotografi hanno accolto l’invito dell’associazione Orizzonti di Cesena, l'onlus che sostiene l'opera di Rosetta, ad andare a Belo Horizonte per mostrare la bellezza generata dalla donna italiana nelle baraccopoli brasiliane.

«In dieci giorni abbiamo realizzato undicimila scatti; ma al di là di questo risultato, una delle prime cose che ci siamo detti quando abbiamo visitato i luoghi dell’opera di Rosetta è stata: “In ogni caso ci porteremo a casa una pienezza dentro”», racconta Francesco Girardi.

Gli asili di Rosetta sono immersi in quella grande contraddizione che è il Brasile: ogni mattina i bambini entrano all’asilo, passando da una casa fatiscente, in cui non sanno se si laveranno o mangeranno al ritorno, a una struttura dove sono accolti e curati, in un ambiente bello e pulito. «Spesso i fotografi scattano belle foto a colori del Paese ma per descriverne gli aspetti più negativi e tragici, come la criminalità, la sporcizia. Noi abbiamo voluto fare una scelta opposta: scattare solo in bianco e nero, non per eliminare la drammaticità che comunque rimane, ma per mostrare la bellezza portata dall’opera di Rosetta». Una bellezza che i bambini si portano a casa, educando gli stessi genitori e ricordandola per tutta la vita. È il caso di Joyce, figlia di una delle prime ragazze di Rosetta, che oggi ha due figli, anch’essi ospiti dei suoi asili: «Entrando in casa sua», continuano i fotografi, «si notano da subito la pulizia, le piastrelle e i muri tutti intonacati, una rarità nelle favelas».

La mostra, che è stata inaugurata in marzo a Cesena, sarà visitabile gratuitamente dal 9 al 25 settembre nella chiesetta di San Gervasio e Protasio di Bernareggio (Monza-Brianza).

Per informazioni: www.amicidirosetta.org