La copertina del dvd.

Per viver tranquillo mi vendo al nemico?

L'Italia dalla fine della II Guerra Mondiale al boom economico, vista con gli occhi di Silvio, prima partigiano, poi giornalista, ma sempre contrario a scendere a patti con un mondo dove gli ideali non hanno più valore
Luca Marcora

Alla mitologia fascista che vedeva in Mussolini e nel regime fascista il compimento definitivo della storia italiana, si sostituisce, immediatamente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un nuovo immaginario fondativo della nuova Italia: la Resistenza, il punto d’inizio di un mondo nuovo, da ricostruire con pazienza e tenacia. Il cinema neorealista indagherà poi questa realtà fino ad allora inedita, portando la macchina da presa nella strada, pedinando uomini e donne in ambienti reali, mostrando le macerie ma anche il desiderio di ricominciare da capo. Suo erede naturale, la commedia all’italiana aggiungerà a questi elementi la graffiante ironia e la critica sociale verso una società in veloce mutamento.
Una vita difficile parte proprio dalla Resistenza, ma lo sguardo del regista Dino Risi è subito caratterizzato da un’ironia amara: Silvio Magnozzi è un partigiano comunista che combatte spinto da un ideale, ma che allo stesso tempo non si fa troppi scrupoli a rimanere nascosto 3 mesi in un mulino abbandonato in compagnia della bella Elena (Massari), dopo che questa ha ucciso un soldato tedesco con un ferro da stiro. Ma l’ideale incalzato dalla guerra riesce ad avere ancora il sopravvento e Silvio torna a combattere, abbandonando la ragazza. Ritornata la pace diventa un giornalista, ma i suoi toni sono forse troppo radicali per quel nuovo momento storico. Ritrovata Elena, i due vanno a vivere insieme a Roma; Silvo denuncia pubblicamente un giro d’affari illegale, rifiutando un’offerta in denaro per non pubblicare il pezzo che gli avrebbe sistemato per sempre la vita. La sua vita diventa così sempre più difficile.
Sordi interpreta una figura inedita nel suo cinema, un «eroe positivo, ma raccontato vistosamente in chiave grottesca, in modo da far decantare l’inevitabile retorica che poteva accompagnarsi» (Mereghetti), che cerca di rimanere fedele ai propri ideali pagando di persona per tutti i suoi sbagli. Ma per mangiare - perché il problema dei protagonisti è sostanzialmente quello - l’ideale da solo non basta: nella società italiana post-bellica sembra diventata necessaria l’arte del compromesso. Risi la butta inizialmente sul ridere nella famosa scena in cui Silvio e Elena, senza una lira in tasca, si ritrovano per caso a cenare in casa dei monarchici, proprio nel momento della proclamazione della Repubblica; ma più il film procede più la risata lascia spazio a una disperata amarezza perché è sempre più evidente che Silvio è il perdente in una società dove l’unica soluzione per poter vivere tranquillamente è quella di vendersi al nemico. Nel film il fallimento del protagonista è completo, anche se ci sarà spazio per un’ultima, illusoria ribellione prima di uscire definitivamente di scena.
Dall’alba di una nuova società, allo smarrimento del singolo uomo: il film di Risi racconta il cambiamento frenetico di un mondo senza più punti di riferimento, dove gli ideali non sembrano avere più senso. Un mondo in cui, per sopravvivere, è necessario dunque che manchi l’umano, cioè la coscienza del proprio significato?


Una vita difficile (IT 1961)
di Dino Risi, con Albero Sordi, Lea Massari, Franco Fabrizi
DVD: Filmauro