Il dvd de <em>I dieci comandamenti</em>.

I vecchi kolossal sono solo "polpettoni"?

Difficile trovare un film che tratti l'eccezionalità del cristianesimo in maniera convincente. È vero, forse le vecchie pellicole peccano di troppa spettacolarità. Ma hanno un pregio: l'universalità. E qui lo spettatore si identifica
Luca Marcora

Proporre questo film di De Mille in tempo pasquale è una evidente provocazione. Storceranno il naso i puristi delle Sacre Scritture e gli spiritualisti che ritengono il sacro un ambito esclusivamente personale. I limiti di questo genere cinematografico sono noti: la dimensione spettacolare del kolossal storico è un abito che ben poco si addice a rappresentare veramente il sacro, specie poi quando si tratta di mostrare il Divino fattosi Carne. Non c’è un film – Mel Gibson compreso – in cui l’eccezionalità di Cristo sia resa in maniera definitivamente convincente (per ulteriori riflessioni rimando a quanto apparso sui Tracce nn° 2 e 3 del 2003). E allora perché ritornare a vedere questi “polpettoni” hollywoodiani?
Provate a pensare alla scena del passaggio del Mar Rosso, momento spettacolare che ancora oggi colpisce, specie se vista sul grande schermo: Mosè/Charlton Heston in versione michelangiolesca che allarga le braccia, il vasto mare che si apre, l’intero popolo ebraico che l’attraversa e dietro l’intero esercito del perfido Faraone/Yul Brynner. Poi Mosè abbassa le braccia e si scatena l’inferno; ci sono tutti i pregi e i difetti del genere. Immaginate ora la stessa scena, ma al posto di un popolo un gruppo di pastori nomadi, al posto del mare un fiume facilmente guadabile e al posto di un esercito un manipolo di soldati. Che effetto vi farebbe?
Altro esempio: confrontate la scena dell’“Ecce Homo” del Gesù di Nazareth (1977) di Franco Zeffirelli con quella de Il Messia (1976) di Roberto Rossellini. Il primo film è sempre stato criticato per l’eccessivo manierismo, mentre il secondo si propone come realistica ricostruzione storica. Nel primo caso il mondo intero sembra essersi levato contro Gesù, mentre nel secondo una manciata di persone grida (“grida”…?!) il famoso “Crucifige!” in una piazza semi-deserta. Di nuovo: che effetto vi fa?
L’eccessiva adesione ad un realismo che si propone come (sedicente) fotocopia della storia ha come risultato più evidente uno svuotamento della spettacolarità dell’immagine (che poi questa de-spettacolarizzazione sia matematicamente garanzia di una adesione più autentica alla dimensione del sacro, è una questione ancora tutta da verificare). Ma c’è anche un effetto collaterale non da poco: la portata universale di questi avvenimenti storici viene inesorabilmente meno, tanto da incrinare anche l’identificazione dello spettatore con quegli avvenimenti accaduti secoli prima. Che Dio si sia coinvolto con l’uomo entrando nella storia è un fatto che ha sconvolto il mondo intero, e questo è vero ancora oggi. Questo senso di universalità in cui identificarsi sono per assurdo rintracciabili più facilmente in un kolossal che in una ricostruzione realistica, che finisce invece con l’avere il sapore impolverato di un documentario su qualcosa che non c’è più.
Insomma: come ogni anno Rete 4 metterà in palinsesto I dieci comandamenti, La 7 programmerà La più grande storia mai raccontata (1965) di George Stevens e non mancherà di certo anche il classicissimo Ben-Hur (1959) di William Wyler. Ben sapendo che questi film non sono la Bibbia, che hanno tutti i limiti del grande spettacolo e che spesso perdono per strada l’autentica dimensione religiosa, per una volta però mettiamo da parte finti intellettualismi e godiamoceli senza turarci il naso, perché almeno in una cosa il loro compito lo assolvono bene: ricordarci che quando Dio ha messo piede nella Storia dell’uomo ha fatto tremare il cosmo intero.



I dieci comandamenti (The Ten Commandments, USA 1956) di Cecil B. De Mille
con Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter, Edward G. Robinson, Yvonne De Carlo, Debra Paget, John Derek
DVD: Paramount Home Entertainment