LA CROCE DI FUOCO Il potere e la gloria secondo John Ford

Luca Marcora

Quando, nel 1940, Graham Greene dette alle stampe Il potere e la gloria, attorno allo scrittore inglese, convertitosi nel 1926 al cattolicesimo, si accese un aspro dibattito che culminò in un informale giudizio negativo sul romanzo da parte dei consultori del Sant’Uffizio. La vicenda del prete alcolizzato e padre di una bambina, in fuga nel Messico anticlericale della rivoluzione, era stata giudicata «triste» ed immorale e più voci ne chiedevano la definitiva messa al bando.
Colpisce quindi che, solo sette anni dopo, John Ford, il regista di Ombre rosse ed altri indimenticabili western, sceglierà di realizzare proprio l’adattamento dello sgradito romanzo di Greene, tanto più se si guarda in quale contesto stava per essere realizzata la trasposizione: dal 1934, infatti, l’industria hollywoodiana, il cui cinema si era andato sempre più concependo come “il” modello di sguardo sulla realtà, doveva sottostare ad un rigida normativa che regolamentava ciò che il grande schermo poteva mostrare. Secondo questo cosiddetto “Codice Hays” elementi come violenza, perversioni sessuali, alcoolismo, dovevano essere banditi dalle sale, in favore di una rappresentazione della realtà che non turbasse i valori morali dello spettatore. La vicenda di quel “prete dell’acquavite” andava proprio contro quanto prescritto dal codice. Ford volle realizzare lo stesso il progetto, pur dovendo scendere a compromessi: il sacerdote interpretato da Henry Fonda venne allora ridotto ad un semplice vigliacco in fuga (da cui il titolo originale The Fugitive), perdendo gran parte di quel suo dramma interiore tra colpa e redenzione, che però la ricercata fotografia di Gabriel Figueroa cerca di suggerire attraverso la contrapposizione netta tra il bianco e il nero.
«Riuscì proprio come volevo», ricorda Ford nel libro-intervista con Peter Bogdanovich, «ecco perché è uno dei miei film preferiti. Per me, era perfetto. Non ebbe successo. I critici lo attaccarono, ed evidentemente non esercitò alcuna attrazione nemmeno sul pubblico, ma io fui molto orgoglioso del mio lavoro… Aveva una fotografia maledettamente buona, con quelle ombre bianche e nere…». Rivista oggi la pellicola non è certo tra le migliori del grande regista e non possiede la forza del romanzo di Greene, ma è piuttosto la testimonianza dello sguardo sul mondo e della fede dell’irlandese John Ford trapiantato ad Hollywood.

La croce di fuoco (The Fugitive)
Sony Pictures – RKO
di John Ford (Messico/USA 1947)