TSOTSI La violenza e la possibilità di una vita diversa

Luca Marcora

Riprendere a sperare dopo un nostro errore è un gesto così grande da rappresentare «il segreto mistero della speranza», perché il perdono del male è proprio mistero. In una Johannesburg dove povertà e ricchezza sono due facce di una stessa drammatica realtà, il giovane Tsotsi - che nello slang locale significa gangster - e la sua banda conducono un’esistenza all’insegna di furti e violenza, in una progressiva perdita di rispetto per gli altri ma innanzitutto per se stessi. Una rapina degenerata in omicidio e il furto di un’auto le cui conseguenze andranno ben oltre il prevedibile, lo condurranno ad un cambiamento radicale.
La scoperta di essere necessario per qualcuno, la possibilità di una bellezza in un mondo dove la prepotenza è l’unica modalità di affermare il proprio essere vivo, sono gli snodi fondamentali di un cammino di rinascita, non certo privo di contraddizioni, che il regista Gavin Hood descrive con uno sguardo crudo ma allo stesso tempo ricercato. Gli ambienti poveri, bagnati da una luce terrea e crepuscolare, sono lo specchio dell’animo tormentato del protagonista che scopre la possibilità di una vita diversa, nonostante tutto il male fatto di cui dovrà rendere conto alla fine. La speranza irrompe così, inattesa come quel pugno di colori improvvisi che solcano il suo viso, ad affermare che anche per lui esiste la possibilità di essere felice in questo mondo.

Il suo nome è Tsotsi (Gran Bretagna/Sud Africa 2005)
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di Gavin Hood