Una scena del film.

Qualcosa di buono da attendere

Quattro ragazzi di Glasgow, disastrati e abbandonati a se stessi. Poi un operatore sociale che li porta in una distilleria di whisky. Lentamente, quell'incontro (tra gite alle Highlands e bottiglie da un milione di sterline) comincia a cambiarli...
Maurizio Crippa

La “parte degli angeli” è quella percentuale di whisky che evapora naturalmente durante il processo di distillazione. Albert quasi sviene, sporgendosi ad annusare il liquore da sopra il grande tino. È il più cretino del gruppo, è scozzese, ma non sa nemmeno che a Edimburgo c'è un castello: «Ma dove hai vissuto fino adesso? In un armadio?». Ma non siamo a scemo più scemo. I ragazzi di questa storia sono i figli devastati del sottoproletariato di Glasgow, dire non educati è dire poco. Abbandonati a se stessi, e basta. Figurarsi se sanno cos'è la parte degli angeli, se immaginano le sublimi alchimie del whisky. Nessuno gli ha mai fatto assaggiare niente. Eppure qualcosa di buono attendono. Soprattutto Robbie, quello messo peggio, aguzzo e violento come il suo bisogno di vivere.

Un angelo corpulento però lo trovano, è l’assistente sociale incaricato di loro durante una condanna ai lavori socialmente utili. Lui li porta a visitare una distilleria, è un patito di questa tradizione di Scozia, gli fa scoprire che c'è il bello e il buono, e i sensi (il naso) per mettere in moto cuore e cervello. Ken il Rosso, il vecchio leone del Free Cinema inglese, quando tralascia i temi troppo ideologici e, senza abbandonare l'impegno sociale, diluisce i toni ringhiosi in uno sguardo più umano, sopreso dalla vita, coglie nel segno e stupisce anche noi. Come già gli era capitato con Il mio amico Eric, travolgente favola sociale in cui l'ex campione del Manchester United Eric Cantona intepreta se stesso, esce dal suo poster appeso in una stamberga di Manchester e viene a condividere (e trasformare) la vitaccia di un tifoso sfigato. Questa volta invece della favola parte la commedia, a tratti irresistibile. I ragazzi scoprono che esistono anche whisky da un milione di sterline, e annoiati signori pronti a pagarlo. Il colpo della vita... Non sono angeli. E allora via, sulle Highlands, con il kilt e le felpe (travestimento improbabile: la prima pattuglia li becca subito), a tentare la sorte.

«Grazie per avermi dato un’opportunità». È il biglietto che, alla fine, Robbie lascia sul tavolo, accanto a una bottiglia dello strepitoso distillato rubata apposta per quell'angelo dei servizi sociali che gratuitamente, per uno spunto di umanità vera, gli ha fatto scoprire una strada, qualcosa che era buono da attendere.
C'è anche la politica, ovviamente, come in tutti i film di Ken Loach. I troppo ricchi e i troppo poveri, la globalizzazione che trasforma in denaro irreale anche le tradizioni più belle. Ma è sullo sfondo, stavolta. Davanti c'è la vita, ci sono le facce dei ragazzi che a poco a poco si scoprono amici, e un adulto che per una volta non dà lezioni di etica, ma riesce a trasmettere il gusto di essere uomini.

La parte degli angeli, di Ken Loach
con Paul Branningam, Gary Maitland, John Henshaw, Roger Allam