Una scena del film.

Un bisogno che sfugge all'analisi

Una pellicola, "Umberto D.", firmata Vittorio De Sica. Il dramma di un uomo «escluso da un mondo che ha contribuito a costruire». Esiste qualcosa per cui vale la pena vivere? L'interrogativo del regista, sessant'anni dopo, riguarda tutti
Luca Marcora

Umberto Domenico Ferrari (Battisti), ex funzionario ministeriale, vive le sue giornate da solo con il suo cane. La misera pensione che riceve non gli basta per pagare l’affitto della stanza in cui abita…

Nel 1952 l’Italia stava cominciando ad uscire dal periodo più difficile della ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale: gli anni del boom economico erano ancora al di là da venire, ma segni di un embrionale benessere iniziano a comparire in una società in grande fermento. Vittorio De Sica e lo sceneggiatore Cesare Zavattini, dopo Sciuscià (1946), Ladri di Biciclette (1948) e Miracolo a Milano (1951), tornano a indagare l’uomo in questa quotidianità in cambiamento, questa volta attraverso le vicende di un anziano, Umberto (Carlo Battisti, ex docente universitario), che vive assieme al suo cane in una stanza di una casa dove la padrona ostenta prepotentemente la sua condizione agiata (figura caricaturale di quella nascente alta borghesia che proprio in quegli anni Michelangelo Antonioni stava iniziando a studiare nel suo cinema). La sua pensione è insufficiente a pagare l’affitto e per questo viene sfrattato. Il pensionato si accorge che non c’è più posto per lui in quella società: prova allora a farsi ricoverare in ospedale, ma viene dimesso quasi subito; prova a chiedere la carità, ma la dignità con cui ha sempre vissuto non lo rende capace; disperato, medita un gesto estremo, ma vi rinuncia pensando al suo cane.

De Sica racconta, in questo che considerava il suo film preferito, una vicenda altamente drammatica ma con una semplicità sconvolgente, tanto da provocare l’ira di alcuni politici dell’epoca. Il motivo dello scandalo è riassunto in queste parole dello stesso regista: «La tragedia di questi personaggi, esclusi da un mondo che hanno tuttavia contribuito a costruire, è una tragedia che si nasconde nella rassegnazione e nel silenzio, ma che esplode a volte in manifestazioni impressionanti o spinge a spaventosi suicidi. La decisione di morire presa da un giovane è certamente una cosa grave, ma che dire del suicidio d’un vecchio, d’un essere già naturalmente vicino alla morte? È una cosa orribile. Una società che permette una cosa simile è una società perduta» (citato in G. Sadoul, Dizionario dei film, Sansoni, Firenze 1990, p. 394). La vicenda di Umberto mostra come un Paese possa uscire dalla crisi, ricostruire tutto e arrivare anche in breve tempo a prosperare, come stava accadendo all’Italia degli anni Cinquanta: eppure il bisogno di trovare il motivo ultimo per cui valga la pena di affrontare le circostanze della vita rimane sempre e comunque drammaticamente vivo. Il vecchio pensionato lo identifica forse per un istante nel suo cane e per questo rinuncia a togliersi la vita: ma qual è davvero il motivo ultimo per cui vale la pena vivere? Colpisce rivedere oggi questo capolavoro: dopo più di sessant’anni dall’uscita, la necessità di una soluzione a quel bisogno è rimasta la stessa.

Il film non dà ulteriori risposte. È però significativo che proprio Umberto D. venga identificato con la pellicola che più di ogni altra chiude il grande periodo del Neorealismo italiano, che aveva fatto dello sguardo analitico sulla realtà il suo originale punto di forza. Lo storico del cinema Gian Piero Brunetta ha acutamente osservato a proposito: «Lo sguardo giunge a una soglia di percezione della realtà oltre la quale pare impossibile spingersi. Il regista osserva il dramma del pensionato […] col ciglio asciutto, senza far trasparire il proprio coinvolgimento affettivo Ma dalla prima all’ultima immagine il film lascia capire che la fame di realtà degli autori è tutt’altro che soddisfatta» (Cent’anni di cinema italiano, vol. 2, Laterza, Roma-Bari 1995, p. 72). Nessuna analisi, pur perfetta che sia, può da sola rispondere alla domanda: cosa soddisfa realmente il cuore umano?

Umberto D. (IT 1952) di Vittorio De Sica
con Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennai, Ileana Simova, Elena Rea, Memmo Carotenuto, Alberto Albani Barbieri, Lamberto Maggiorani, Riccardo Ferri, Pasquale Campagnola
DVD: Medusa