La locandina del film.

La scelta tra un padre o un padrino

New York, 1960. Calogero vive nel Bronx con la madre Rosina e il padre Lorenzo, che si guadagna da vivere facendo l’autista d’autobus. Il piccolo passa le sue giornate cercando di imitare Sonny, il boss del quartiere…
Luca Marcora

Nel 1993 un film di Robert De Niro ambientato nella comunità italoamericana di New York non poteva che evocare il cinema di Martin Scorsese (Quei bravi ragazzi, Goodfellas, Usa 1990, era allora l’ultimo frutto dello straordinario sodalizio che i due avevano instaurato fin dagli anni ’70). Eppure nulla è più distante da quel cinema di questo Bronx. Le pellicole di Scorsese sono attraversate da un senso della colpa e del peccato al quale non può essere concessa alcuna redenzione. La sua visione del destino umano imposto sempre contro la volontà del singolo passa certamente attraverso la rappresentazione di un mondo dove la violenza sembra essere l’unico modo per sopravvivere, ma prima di tutto emerge attraverso l’uso violento dello sguardo stesso della macchina da presa.

De Niro, qui al suo esordio come regista, ritrae la stessa violenza di una vita imparata sulla strada, però con un atteggiamento di fondo più positivo, capace di far tesoro degli errori, persino in grado di perdonare. Il suo sguardo si identifica con quello di Lorenzo che sempre vigila sul figlio: quando passa con l’autobus, oppure dalla finestra della casa, il personaggio del padre è sempre presente ed è una figura con cui Calogero è sempre costretto a fare i conti pur essendo irresistibilmente attratto del locale boss della malavita. Sonny è seducente nel suo ruolo di detentore del potere, ma questo gli è concesso grazie alla paura che incute in chi gli sta attorno; ha anche un suo personale codice d’onore che lo fa apparire vincente. Eppure si rivela un personaggio inesorabilmente solo, che non potrà mai fidarsi di nessuno, perché chiunque potrebbe essergli nemico.

«L’uomo che lavora è un fesso»: la via più facile è sempre quella più attraente, ma la figura del padre, nella sua tenacia, alla lunga è quella che vince. «Per il suo esordio alla regia, Robert De Niro sceglie una pièce di Chazz Palminteri chiedendogli di sceneggiarla oltre che interpretarla: storia di un’educazione alla maturità, il film è una riflessione sull’inevitabile complessità della vita e del ruolo paterno (entrambe le figure adulte trasmettono a Calogero lezioni importanti: insegnamenti morali il padre, consigli esistenziali il padrino)» (P. Mereghetti). Ma non solo: il padre può insegnare a Calogero anche quel perdono che invece il gangster non potrà mai concepire.

«Era bellissimo essere cattolico e andare a confessarsi: ogni settimana, incominciavi tutto da capo», dice il piccolo Calogero dopo essersi confessato. Una frase che, detta da un bambino, può suonare come una scusa per continuare a fare di testa propria. Eppure tutto il film racconta proprio di questa possibilità di ricominciare sempre da capo. Certo, ricominciare a fare gli stessi errori, a cadere nelle stesse trappole, a commettere le stesse colpe. Ma innanzitutto poter ricominciare perché c’è qualcuno che ci vuole bene e ci perdona, nonostante tutti i limiti e le incongruenze di una vita intera.

Bronx (A Bronx Tale, USA 1993) di Robert De Niro
con Robert De Niro, Chazz Palminteri, Lillo Brancato, Francis Capra, Taral Hicks: Jane Williams, Kathrine Narducci, Clem Caserta, Alfred Sauchelli, Frank Pietrangolare, Joe Pesci
Dvd: Cecchi Gori