"Seveso 1976. Oltre la diossina", <br> di Federico Robbe

La rinascita dal "di dentro"

Il 10 luglio 1976 la diossina sconvolse la vita degli abitanti della città di Seveso, in Brianza. Quarant'anni dopo, Federico Robbe descrive quell'evento. Il racconto di una amicizia che va “oltre", dove neanche la malattia impedisce di vivere pienamente
Maurizio Vitali

Quarant’anni fa, il 10 luglio, una nube tossica contenente diossina si sprigionò da un reattore chimico dello stabilimento dell’Icmesa di Meda, nella Brianza a Nord di Milano, diffondendosi su aree altamente urbanizzate dei comuni di Seveso, Cesano Maderno, Desio e Meda. L’Icmesa era un’industria chimica del gruppo Givaudan, a sua volta controllata dalla multinazionale farmaceutica Hoffmann La Roche. Il reattore produceva triclorofenolo, un composto che veniva (e viene) usato per preparare principalmente cosmetici, battericidi e diserbanti. Il disastro ambientale generò uno sconquasso. Centinaia di famiglie evacuate dall’area più contaminata, blindati dell’esercito e filo spinato attorno alla zona, economia in ginocchio, metà dei ragazzini con il cloracne, paura e rabbia. E poi le femministe e i radicali venuti da “fuori” a sfruttare l’occasione di propagandare il diritto all’aborto per «non partorire mostri». E poi gruppi di extraparlamentari di estrema sinistra venuti a sfruttare l’occasione di sparare contro il capitalismo delle multinazionali. E i militanti di gruppi armati che spararono davvero, alle gambe, ma anche in faccia, uccidendo. E ancora i giornali, italiani e di tutto il mondo, pronti a raccogliere e rilanciare le voci più allarmistiche e le equazioni più iperboliche (e infondate) tipo “Seveso = Vietnam”, o anche “Seveso peggio del Vietnam”, dove gli americani in guerra avevano scaricato migliaia di tonnellate di un defoliante micidiale su foreste, vietcong, civili e anche soldati americani, con conseguenze cancerogene e malformazioni fetali.

Ecco, questo in poche righe, il “disastro Seveso”. Così è stata catalogata questa storia, studiata e narrata, più o meno bene, in molti libri. Ma Seveso è anche un’altra storia, oltre il “Disastro” e oltre la diossina: la storia buona che ha il volto di una presenza cristiana, non venuta da fuori, ma sortita dal di dentro, intessuta giorno per giorno da gente che non si è arresa alla paura e alla rabbia ed ha voluto condividere i bisogni e affermare la possibilità di vivere pienamente. Questa storia è ben descritta da Federico Robbe, in questo agile volumetto che ha almeno tre pregi: ricostruisce lo scenario dell’epoca in maniera corretta ed equilibrata, raccoglie numerose testimonianze dei protagonisti (tra cui quelle inedite di monsignor Gervasio Gestori, Giuseppe Guzzetti, Giampaolo Pansa, Giancarlo Cesana) e offre una documentazione fotografica molto eloquente degli avvenimenti e del clima dell’epoca.

Robbe identifica l’epicentro organizzativo nell’ufficio decanale di assistenza e coordinamento, dove collaborarono gomito a gomito giovani professionisti cattolici volontari e autorevoli sacerdoti incaricati dall’arcivescovo Giovanni Colombo. I giovani erano in gran parte quelli di Comunione e Liberazione. I sacerdoti espressione di quel clero lombardo solido, preparato e ben piantato nel cuore del popolo. La prima esigenza è di offrire informazioni serie e non drogate: nasce il foglio Solidarietà, che arriva a tirare 60mila copie. Altro grande capitolo, la cura e l’educazione dei bambini e dei ragazzini, attraverso oratori e centri diurni in Bianza, ma anche a Buccinasco, vicino al Motel Agip di Assago, dove vivevano numerose famiglie evacuate. L’ethos ancora almeno in buona parte cristiano del popolo brianzolo si documenta nella partecipazione alla grande messa nel seminario di Seveso, ma soprattutto nel coraggio delle mamme che si sono tenute il presunto “mostro“ in pancia: più di mille, rispetto alle 42 che hanno scelto l’aborto (nessun nato e nessun feto mostrò malformazioni) e che si sono sentite abbracciate da Madre Teresa nel grande sì alla vita dei 70mila nello stadio di San Siro.

Robbe fa vedere bene anche le conseguenze innovative frutto di un lavoro innescato da quegli anni di presenza. Per esempio la sensibilità ecologica: certe espressioni di Colombo e dei suoi delegati sembrano anticipare la Laudato si’ di papa Francesco, e non a caso la prima direttiva europea sulle emissioni si chiama “direttiva Seveso”; a Seveso è nata la Fondazione regionale per l’Ambiente. E poi gli studi sugli effetti patogeni della diossina, sino ad allora pressoché inesistenti, condotto da professori come Paolo Mocarelli e Pieralberto Bertazzi che costituiscono oggi un riferimento a livello mondiale. Anche la politica - una politica davvero “dal basso” - mostra la sua faccia migliore, nelle pagine di questo volumetto, soprattutto attraverso l’azione coraggiosa e mai demagogica del sindaco democristiano Francesco Rocca.

Federico Robbe,
Seveso 1976. Oltre la diossina
Itaca pp. 160, € 12,50