La copertina del libro.

Quello che resta del "secolo breve"

Un libro ripercorre la riflessione politica del grande filosofo italiano. Che rifugge ideologie e dittature. E lascia un monito: «Tocca a noi agire da cristiani nel tempo che è dato»
Tommaso Ricci

Nel 1989, meno di due mesi dopo la caduta del Muro di Berlino, moriva il filosofo Augusto Del Noce: il comunismo aveva appena fatto uno spettacolare harakiri coram populo e il pensatore cattolico che ne aveva vaticinato il suicidio se ne andava. Si esauriva anche la ragione del suo pensare? La risposta è no.
Massimo Borghesi in Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno (Marietti, 1820) segnala tre motivi per il no, strettamente intrecciati tra loro: 1) l’origine “morale” della riflessione teoretica delnociana; 2) la sua tenace lotta per rivendicare il diritto all’esistenza del pensiero cattolico dentro le sfide ideologico-politiche della storia contemporanea; 3) il suo rifiuto di ogni nostalgismo reazionario da parte cattolica.
Primo punto: come in ciascun uomo anche in Del Noce le domande sul perché, sul senso e sul destino iniziano a vibrare con intensità in gioventù; il giovane studente piemontese prova - in controtendenza con gli umori d’allora (anni Trenta) del popolo italiano così come li ha poi documentati lo storico Renzo De Felice (grande ammiratore del Nostro) - una avversione per il fascismo e per il suo uso spregiudicato della violenza: chi confida in un ideale non può accettare il bruto predominio della forza. Da questa opposizione “morale” al regime mussoliniano deriva però anche il successivo anticomunismo delnociano: l’antifascismo deve essere il contrario del fascismo e non un fascismo al contrario. Secondo punto: Del Noce è uno dei primi italiani a leggere nel 1936 Humanisme intégral di Jacques Maritain, che gli mostra la via per essere antifascista in quanto cattolico, cosa inconcepibile allora: l’opzione marxista - da Del Noce peraltro riconosciuta come la protagonista della storia del Novecento - sembra incarnare in quegli anni l’unica possibilità per affermare nel concreto l’ideale del giusto ordinamento sociale. Grazie al filosofo francese il giovane italiano apprende che la sfida alle storture del proprio tempo può e deve essere lanciata dai cristiani dall’interno della modernità, cioè dell’epoca che ha esaltato al massimo la libertà del soggetto, finendo spesso per distorcerla.
Terzo punto: Del Noce coglie l’aporia utopico-archeologica di tanto pensiero cattolico che, per opporsi al razionalismo ateo moderno, si richiama al Medioevo e magari si illude pure di cavalcare machiavellicamente l’antimoderna avventura fascista. Pensare di far ruotare la storia all’indietro pone il cristiano in posizione necessariamente subordinata alle ideologie via via alla ribalta nel mondo. Richiamarsi sic et simpliciter ai valori metafisici eterni di contro al male del progresso storico è ingannevole: «Il problema metafisico è quello che nessun altro può aver risolto per me e che quindi mi si presenta in termini sempre nuovi, in ragione della novità della situazione storica… Non ho davanti a me una sorta di elenco di problemi già risolti».
Insomma, tocca a me, tocca a te, pensare ed agire da cristiano nel tempo che è dato. Ecco la lezione delnociana che non si è esaurita con la fine del “secolo breve”.