La copertina del libro.

Da Omero a Bach, sulle macerie di Babele

Lo sguardo del critico francese è il protagonista del libro di Cecilia Ricci. Un tentativo di fissare le tappe della crisi di senso del XX secolo. In cui la verità è lontana, ma la «scossa della corrispondenza» non cessa di stupire
Flora Crescini

Un libro prezioso che in Italia mancava: Leggere Babele. George Steiner e la “vera presenza” del senso, scritto da Cecilia Ricci ed edito da Mimesis. Steiner, studioso mastodontico e critico mosso dall’infinita gratitudine nei confronti dei classici, sa che la critica esiste in virtù del genio altrui e sa che c’è maggior penetrazione del problema dell’uomo in Omero, in Shakespeare o in Dostoevskij, che in tutta quanta la neurologia o la statistica. In virtù della suo essere ebreo, sa altresì che «la verità è sempre in esilio» e che «la modernità è il palcoscenico dove si è dissolta la certezza della “vera presenza”». Nonostante si parli di «nuovo umanesimo», dopo la morte di Dio profetizzata da Nietzsche e il crollo dell’uomo prodotto dal nichilismo, Steiner, da studioso attento e geniale, comprende che «la frantumazione dell’ideale umanistico è connessa alla scomparsa dell’educazione religiosa che era assicurata dalla famiglia. La familiarità con i grandi racconti biblici e la cura della vita interiore venivano acquisite intorno al focolare domestico. La perdita dell’orizzonte religioso ha dissolto il ruolo educativo della famiglia».

Parole di fuoco che dicono la loro nell’attuale panorama, nel quale la famiglia viene messa in discussione. Che, del resto, ci ricordano il commiato di fra Cristoforo da Renzo e Lucia nel cap. XXXVI de I promessi sposi: «Se Dio vi concede figliuoli, abbiate in mira d’allevarli per Lui, d’istillar loro l’amore di Lui e di tutti gli uomini, e allora li guiderete bene in tutto il resto». Questo, per dire, che la letteratura può ancora molto; anche in tempi come questi, in cui si è rotto il patto tra logos e mondo.

Steiner ricostruisce le tappe della «crisi del senso» e cerca di leggere i frammenti di Babele, dove ciascuna lingua è custode dell’identità di un popolo e dove vi è anche un cumulo di macerie testuali prodotte dai numerosi epigoni del decostruzionismo. E ci conduce, passo dopo passo, a leggere le svolte delle grandi correnti di pensiero del Novecento, indicando i luoghi delle apparizioni della «vera presenza» realmente incontrabili nelle grandi opere d’arte, musicali e letterarie. Quando leggiamo una poesia, ascoltiamo un brano di Bach o siamo rapiti da un quadro, siamo sorpresi dalla «scossa della corrispondenza», quell’incontro inaspettato con qualcuno o qualcosa che colma la nostra inconsapevole attesa. La carnalità dell’incontro con la «vera presenza» assume, nell’ebreo Steiner, i tratti dell’Annunciazione a Maria, quell’«intrusione potente che ha spostato la luce» e che ci ricorda che siamo «monadi perseguitate dal desiderio di comunione».

Cecilia Ricci
Leggere Babele. George Steiner e la “vera presenza” del senso
Mimesis
pp. 270 - € 24