<em>La Sindone di Torino oltre il pregiudizio</em>

Uno sguardo che «cerca il nostro cuore»

La storia della Sindone. Dal "Mandylion" di Edessa alla Cattedrale di Torino. La vicenda di un telo di lino che, passando per incendi, razzie e guerre, non smette di stupire e di interrogarci
Luisa Cabrini

Le ipotesi di storici e scienziati sulla provenienza e autenticità della Sindone si intrecciano non sempre in modo convincente. Per inquadrare la sua storia, Franco Cardini e Marina Montesano partono da lontano, dalle reliquie cristiche e dalle antiche immagini sacre, per giungere, attraverso pagine dense sui "santi volti", al telo torinese, un lenzuolo mortuario su cui è impressa l'immagine di un uomo che mostra segni corrispondenti al racconto evangelico della Passione, sorprendentemente simile a quello esposto ogni venerdì nella chiesa di Santa Maria di Blacherne a Costantinopoli, da dove scompare nel 1204, quando la città è saccheggiata dai cavalieri della quarta crociata.

Cosa si sa del lino di Costantinopoli prima della sua comparsa in quel luogo? Una pista porta a Edessa, sede di una chiesa cristiana, forse fondata dal discepolo Taddeo. Un telo noto come il Mandylion di Edessa, piegato in modo da raffigurare nel riquadro di copertina il volto di Cristo, sarebbe giunto in epoca remota e circostanze oscure in quella città, dove, per sfuggire a profanatori e razziatori, è nascosto in un anfratto delle mura e portato a Costantinopoli nel 944 da un generale bizantino. L’identità del Mandylion con la reliquia di Costantinopoli, e in ultima istanza con quella di Torino, sarebbe un’ipotesi? Il condizionale è d’obbligo qui e nelle vicende legate alla sua scomparsa dal Bosforo e alla ricomparsa in Francia, dove arriva per mano di Othon de la Roche, comandante del distretto di Blacherne. Entrato in possesso del telo come bottino di guerra, questi lo invia al padre perché lo doni al vescovo di Besançon, il quale a sua volta lo espone nella cattedrale di Saint Étienne il sabato santo di ogni anno sino al marzo del 1349, quando scoppia un incendio. Nel tragico evento lo scrigno contenente il lenzuolo scompare per finire nelle mani di Filippo VI, che nel 1350 lo lascia in eredità, come ricompensa della parte avuta nelle campagne contro gli inglesi, a Goffredo, conte di Charny, il quale nel 1353 lo depone nella chiesa di Lirey.

Attraverso un’intricata serie di vicende si arriva alla nipote di Goffredo, Margherita, che, per l’acuirsi della guerra dei Cent’anni, nel 1418 ritira il lino da quel luogo e lo porta con sé attraverso l’Europa, fino a quando, nel 1453, trova ospitalità alla corte dei Savoia. Nel 1467 papa Paolo II autorizza la costruzione nella residenza di Chambéry di una cappella che ospiti la Sindone e nel 1506 Giulio II sigilla la devozione al sacro lenzuolo. Scampato ad un incendio tra il 3 e 4 dicembre del 1532, nel 1578 il lino è trasferito a Torino da Emanuele Filiberto di Savoia per abbreviare il pellegrinaggio a Carlo Borromeo, il quale, come ringraziamento a Dio per aver liberato Milano dalla peste, ha fatto voto di recarsi in Francia a piedi per venerare la reliquia. A Torino la Sindone rimane: prima a Palazzo Reale, dal 1694 nella cappella costruita nell'abside della cattedrale che la ospita fino al 1997 quando, salvata da un incendio doloso, è sistemata in cattedrale, dove si trova.

Questa è l’avvincente ricostruzione di Cardini e Montesano, dove ogni fatto circostanziato nel tempo e nello spazio è utile a verificare l’attendibilità dell’ipotesi avanzata. Un invito alla lettura, quindi, che deve tener presenti due note suggerite nell’epilogo del volume. È il culto, di cui il sacro telo è oggetto da secoli, a rendere sante agli occhi dei credenti le reliquie, non la sola veridicità di esse: e ciò a partire dalla critica metodologica avviata nel Seicento dai Padri bollandisti sui testi agiografici ed accettata per giudicare miracoli, apparizioni, leggende e reliquie. Inoltre, il solo ricorso alla scienza per provare l’autenticità di un fenomeno non denota un progresso. La fede e la scienza stanno su piani differenti: la fede non ha bisogno di riprove scientifiche, poiché si muove su un ordine qualitativamente diverso.

La Sindone, dunque, continua a destare interesse e il dibattito non intende terminare. Come le visite dei fedeli, che fino al 24 giugno si lasceranno toccare dalle parole pronunciate da papa Francesco il 30 marzo 2013, in occasione dell’ostensione straordinaria: «Il nostro non è un semplice osservare, è un lasciarsi guardare. Lasciamoci raggiungere da questo sguardo che non cerca i nostri occhi, ma il nostro cuore».

F. Cardini - M. Montesano
La Sindone di Torino oltre il pregiudizio
Medusa edizioni, Milano 2015
pp. 138 - € 14,50