G.Fiorentini, G.Sapelli, G.Vittadini.<br> <em>Imprenditore: risorsa o problema?</em>

La scommessa sull'uomo «che rischia e costruisce»

Imprenditori, crisi e contesto sociale. «È ancora possibile un'economia che metta al centro il bene delle persone e della società?». Partono da questa domanda le tesi dell'ultimo libro di Giorgio Fiorentini, Giulio Sapelli e Giorgio Vittadini
Marco Biscella

Oggi gli imprenditori italiani vivono forse uno dei momenti più bassi in quanto a reputazione e considerazione del loro ruolo sociale, ma solo cinquant'anni fa erano da tutti additati come esempi positivi: gente che era "riuscita" nel proprio campo, che creava lavoro per altre persone, che generava benessere per il territorio in cui l'impresa era insediata.

Che cosa è successo, nel frattempo, di così sconvolgente da aver capovolto radicalmente questa immagine? E oggi quale ruolo giocano gli imprenditori e le loro imprese nel contesto sociale? Come possono tornare (sì tornare, perché è sempre stato così in Italia fino a un certo punto) a coniugare il proprio bene con il bene comune?

In questo libro rispondono a queste domande, raccontando la propria esperienza, 25 imprenditori di piccole, medie e grandi aziende - da Oscar Farinetti a Pasquale Natuzzi, da Roberto Snaidero a Giorgio Squinzi, da Leonardo Bagnoli a Giuseppe Ranalli - insieme ad alcuni osservatori e studiosi della realtà economica italiana.

Un "sistema Italia" - ricordano fin dalle prime pagine dell’introduzione Giorgio Vittadini e Paola Garrone - che nei dibattiti economici è stato spesso definito «una stranezza, un’anomalia», ma che è stato capace di avviare e realizzare «un percorso di sviluppo che per intensità e diffusione della società ha pochi paragoni» nella storia e nel mondo. Di certo la crisi lo ha messo in difficoltà, ma i problemi non nascono tanto dalla recessione degli ultimi sette anni. Hanno radici più profonde, esattamente, come sostiene nel suo saggio Giulio Sapelli, nel Sessantotto, «momento di crisi culturale e antropologica prima ancora che economica».

Il Sessantotto mette in crisi la peculiarità tipica delle figure imprenditoriali italiane: a far nascere un'impresa o a muovere un imprenditore in Italia, infatti, non era solo la logica del profitto a breve. La scintilla era più sussidiaria: «Il contesto in cui nascevano gli imprenditori», ricorda lo stesso Sapelli, «non era quello del capitalismo asettico descritto dalla teoria economica, ma quello di un ambito relazionale in cui si trasmetteva innanzitutto l'esperienza». Non a caso c’erano operai che diventavano imprenditori, il sindacato non era pregiudizialmente contrapposto al "padrone", e la dicotomia pubblico-privato era ancora di là da venire. Il Sessantotto introduce un'idea manichea della ricchezza e provoca conseguenze ancora tutte da studiare.

Ma è possibile oggi ripartire per costruire un'economia che metta al centro il bene delle persone e della società? Sì, è possibile, e lo spiega Bernard Scholz, il presidente della Compagnia delle Opere, quando invita a porre l’attenzione non tanto «sull’idea che chi intraprende un'attività nel mondo dell'economia è più orientato ad assorbire risorse dalla società che a introdurne di nuove», ma piuttosto sul tentativo di «spiegare da dove nascano il desiderio di innovare, di affrontare le sfide di un mercato globalizzato - magari coalizzandosi con altri imprenditori - e di fronteggiare con spirito costruttivo e intraprendente le difficoltà burocratiche, fiscali, infrastrutturali e normative che costellano ogni tentativo di far prosperare una realtà lavorativa». In una parola, capire un po' di più l'uomo che rischia e costruisce. E lì, di punti sussidiari e positivi ce ne sono, per fortuna, ancora tanti.

Giorgio Fiorentini, Giulio Sapelli, Giorgio Vittadini
Imprenditore: risorsa o problema?
BUR
pp. 334 - 12€