La copertina del libro.

Se l'Oste ti lascia fare i conti

Una vicenda che si svolge in poche settimane, narrata con ritmo incalzante e colpi di scena. La prima opera di Alberto Raffaelli si presenta come un romanzo giallo, ma porta con sé molto di più. Una suggestiva metafora della vita
Francesco Jori

C’è, ma non si vede. C’è un titolare, nell’osteria senza oste che sulle colline di Valdobbiadene riceve visite di ogni tipo, inclusa quella atipica effettuata di recente da un’affamata (ma non di prosecco e soppressa….) Equitalia. E c’è un titolare, anzi un Titolare con la maiuscola, nella grande osteria della vita dove ciascuno è libero di pagare o non pagare, consumare o non consumare; ma alla fine il conto arriva per tutti, e c’è poco da recriminare. È una suggestiva metafora della vita, quella che Alberto Raffaelli propone nella sua opera prima L’osteria senza oste: un giallo nell’architettura del testo, che ruota attorno a una serie di figure inquadrate in quattro filoni paralleli, dove il positivo si mescola col negativo, com’è per chiunque nella vita vera. Ma dove prevale un messaggio di fondo: l’Oste, quello vero, ci lascia liberi di regolarci come meglio crediamo, ed è il regalo più grande ma anche più impegnativo che ci possa fare.

La vicenda che fa da filo conduttore del testo si svolge nell’arco di un paio di settimane, con un ritmo narrativo incalzante che non esclude i colpi di scena, ma scritto con mano leggera che in fondo manifesta un’empatia profonda con tutti i personaggi, anche quelli cui tocca la parte meno gradevole. Il tutto con accurati e apprezzabili riferimenti storici a personaggi legati al territorio, per far capire che in fin dei conti ogni luogo ha un suo Dna che mette radici remote, ma robuste. Alla fine, uno chiude il libro con lo stesso spirito con cui si alza dai tavoli dell’osteria senza oste (che esiste davvero): un senso di leggerezza, e al tempo stesso di ritrovata responsabilità. Verso il mondo in cui vive, ma soprattutto verso se stessi. Perché riscopre il piacere del dono gratuito: un’eredità di cui questa bulimica civiltà dei consumi ci ha colpevolmente privato. Un micidiale narcotico, che inducendoci a consumare cose ma anche persone, oggetti, ma anche valori, rischia di portarci a consumare perfino noi stessi.


Alberto Raffaelli
L’Osteria senza oste
Santi Quaranta
pp. 178 - € 13