La copertina del libro.

Salvare Dio in noi stessi

Adelphi pubblica l'edizione integrale delle lettere di Etty Hillesum, morta ad Auschwitz nel 1943. Una donna che si è scontrata con l'assurdità del male. Capendo che «se salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco»
Flora Crescini

«Se noi dai campi di prigionia, ovunque siano nel mondo, salveremo i nostri corpi e basta, sarà troppo poco»: così scrive Etty Hillesum alle sorelle, nel dicembre 1942. Le sue lettere si possono leggere nel libro pubblicato da Adelphi, Lettere, edizione integrale. Di primo acchito, la frase appare sconcertante, se si pensa dove è stata scritta; ma, per poter fare un’affermazione simile, qualcosa deve essere accaduto. Qualcosa che è rintracciabile nel libro come il lento ma inesorabile lavorio del Mistero: c’è una «grazia» che vale più della vita dice un salmo.

«Certo, non è così semplice, e forse meno che mai per noi ebrei; ma se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo - e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione - allora sarà troppo poco»; di fronte a «avvenimenti inspiegabili», solo un nuovo senso può permettere alla «vita sbandata» di fare un passo avanti. Spesso la Hillesum sente ripetere nei campi «non vogliamo pensare, non vogliamo sentire, la cosa migliore è diventare insensibili a tutta questa miseria»; come se il dolore non faccia parte dell’esistenza umana. La tentazione di non pensare è comprensibile quando si è «messi alla prova nei… fondamentali valori umani» e appare difficile dare una spiegazione al dolore. Come se la spiegazione, come un colpo di bacchetta magica, lo eliminasse. Ma la Hillesum non demorde: l’esigenza di comprendere l’assurdità del male non le lascia tregua. In un’altra lettera scrive: «Se in un’epoca come questa non si crolla per la tristezza o non ci si indurisce e si diviene cinici, o non si tende alla rassegnazione - e tutto ciò per proteggere se stessi -, allora si diventa sempre più teneri e dolci, e sciolti, comprensivi e affettuosi».

Prosegue con un’affermazione vertiginosa, quasi blasfema: «Questo momento storico… io ho la forza di sostenerlo, di portarlo tutto sulle spalle senza crollare sotto il suo peso e posso perfino perdonare Dio, che le cose vadano come devono andare. Il fatto è che si ha tanto amore in sé, da riuscire a perdonare Dio!». Quando il destino - qualunque esso sia - è accettato, ci si trova di schianto nel segreto della Creazione, nel cuore stesso di Dio. E sua maestà il dolore, come scrive J. Roth, può compiere il suo dovere fino alla fine, fino al primo mattino.

Etty Hillesum
Lettere, edizione integrale
Adelphi
pp. 269 - € 22