La copertina del libro.

Daniélou, il fascino per il «fondo dell'essere»

Un volume raccoglie gli atti del convegno, promosso dalla Fraternità San Carlo, sul grande teologo. Protagonista del Concilio, sulla sua morte si è gettato a lungo un'ombra. A torto. Un'occasione per illuminare il pensiero di un «uomo poliedrico»
Luisa Cabrini

L'agile volume raccoglie i contributi dei relatori intervenuti alla giornata di studi dedicata a Jean Daniélou (1905-1974). Il convegno ha rotto il silenzio calato sul gesuita a partire dalla sua morte, avvenuta per infarto a Parigi il 20 maggio 1974. Tornato a Parigi verso la mezzanotte del 19 dalla Bretagna dove ha tenuto un ritiro, festeggia in compagnia la vittoria di Giscard d'Estaing alla presidenza della repubblica francese.

Il giorno seguente, celebrata la messa alle 7, dopo alcuni incontri con i suoi collaboratori si reca al quarto piano dello squallido palazzo di rue Dulong 56, dove abita la call-girl Mimì Santoni. L'attacco cardiaco, preannunciato nei giorni precedenti da frequenti mancamenti, non si fa attendere: Daniélou, creato cardinale nel 1969 da Paolo VI, cade in ginocchio ed esala l’ultimo respiro. I giornali e, secondo De Lubac, qualche confratello hanno creduto ad una doppia vita. Eppure, le Figlie del Cuore di Maria, presso le quali ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza, avendo lasciato l'abitazione condivisa con alcuni chierici a seguito dei contrasti insorti dopo l'intervista a Radio Vaticana del 23 ottobre 1972 sulla decadenza della vita religiosa, non hanno prestato fede a quella storia. La stessa Mimì ha testimoniato che il cardinale è andato a portarle dei soldi per pagare l'avvocato del marito carcerato: è stata l'ultima sua opera di carità.

Resa giustizia all’ombra gettata sulla morte, quali tratti del poliedrico Daniélou ha rimarcato il convegno romano?
Fine saggista, serio filologo, eccellente teologo, profeta nel denunciare i drammi del post-concilio e la crisi della Chiesa europea, iniziatore nel 1942 con De Lubac di Sources Chrétiennes - la collana di testi patristici che ha segnato la rinascita teologica nel secondo Nocecento -, uomo fuori dagli schemi. Suo grande merito è stato l’invito al rinnovamento del metodo teologico mediante il deliberato radicamento nella Scrittura, nella patristica e nella liturgia. Il motto episcopale - Fontes aquae vivae - illustra l'asse portante del pensiero di Daniélou. Le fonti di acqua viva richiamano la sorgente, il Padre, origine di ogni cosa. Il fascino del "fondo dell'essere" ha intessuto i suoi scritti ed animato dialoghi e dibattiti.
La sua fede non è stata una muraglia contro il diverso, ma motivo di incontro, apertura della ragione e del cuore, frutto dell'educazione materna, vigorosamente stimolata dalla presenza nascosta del fratello, omosessuale, studioso di induismo e musicologo, ritiratosi in Oriente. Conoscitore dell’ebraismo, dell'islam, del buddhismo e dell'animismo africano, lucido nemico dell’ateismo perché profondamente disumano, Daniélou ha saputo mostrare la ragionevolezza della fede e la convenienza del cristianesimo ai desideri espressi in ogni religione.

Impegnato a situare storicamente i temi teologici e filosofici, ha applicato il metodo tipologico all’indagine storica, offrendo una ricca penetrazione del dato biblico e anticipando la proposta avanzata da Benedetto XVI nel Gesù di Nazareth, cioè il superamento del metodo storico-critico, ma non l’annullamento dei suoi dati positivi. Siamo grati di questo volumetto: nel contesto attuale della Chiesa, segnato dal 50esimo del Concilio, dall'Anno della Fede e dal recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione, esso invita a tornare a quei teologi della seconda metà del Novecento che hanno insegnato la bellezza della vita cristiana.

Jonah Lynch e Giulio Maspero
Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Daniélou
Marietti 1820
pp. 120 - € 18