La copertina del libro.

Lo sviluppo secondo Gheddo

È di nuovo in stampa il libro di Piero Gheddo, missionario del Pime, che parla della sua esperienza di anni in giro per il mondo. Nessuna teoria e molti fatti. Che raccontano il vero motore dello sviluppo: rimettere sempre al centro l'uomo...
Stefano Filippi

Il Vangelo come motore dello sviluppo: una tesi ardita, almeno a prima vista. Eppure basta leggere il libro di padre Piero Gheddo per rendersi conto di quanto invece sia concreta. L’autore, missionario ultraottantenne del Pime che forse ha perso il conto di quanti Paesi ha visitato nel mondo, non ragiona per teorie, ma per quanto ha visto. È questo uno dei pregi del volume, uscito un paio d’anni fa e ora ristampato (segno di successo): non è un trattato di economia, non contiene teorie, ma fatti di cui l’autore è testimone. Che il Vangelo, e quindi i cristiani, sia motore di sviluppo è documentato da ciò che avviene nelle zone in cui agiscono i missionari, o dove prevale l’investimento sul capitale umano (istruzione, cultura, crescita della convivenza civile). È l’uomo che crea lo sviluppo, testimonia padre Gheddo che respinge le teorie «materialiste» per le quali prima vanno rimosse le arretratezze economiche, politiche e strutturali, oppure si deve puntare sull’accumulazione del capitale (liberalismo) o sulla lotta contro lo sfruttamento (marxismo e moderne teorie antimperialiste).

E l’idea dell’uomo come motore dello sviluppo è profondamente cristiana, è nata in Europa e ha fatto crescere ogni area, anche lontanissima, in cui è giunta. Paesi come il Congo e la Corea del Sud decenni fa erano allo stesso livello di arretratezza: oggi la Corea è una delle «tigri» asiatiche perché il governo ha investito massicciamente sull’istruzione dei giovani.

Per le grandi organizzazioni internazionali le cause del sottosviluppo sono tutte strutturali: il neo-colonialismo, lo sfruttamento delle materie prime, il debito estero, la corruzione. Per chi conosce sul campo la situazione, l’analisi è diversa: «Ricordo padre Pietro Bianchi della Consolata», scrive Gheddo, «in Tanzania da 45 anni, che alla domanda su quali sono le radici della miseria del popolo mi diceva: “Sono quattro: l’analfabetismo, la mentalità magica e superstiziosa, i militari e la corruzione”».

Piero Gheddo (con Gerolamo Fazzini)
«Meno male che Cristo c'è». Vangelo, sviluppo e felicità dell'uomo
Lindau
pp. 330 - € 19