La copertina del libro <br>"Il mio amico Leopardi".

Leopardi, tra attrattiva e negazione

Addentrarsi nelle poesie attraverso la "sua" Recanati, e scoprire l'attualità del poeta nel dialogo con don Giussani. Nel libro di Mario Elisei, accompagnato da un saggio di Ignacio Carbajosa, la ricerca di quel «pensiero dominante»
Flora Crescini

Il mio amico Leopardi di Mario Elisei è un libro che visita i luoghi di Recanati, presenti nella poesia leopardiana. Di primo acchito sembra un’esagerazione, ma vedendo oltre la siepe de L’infinito, per esempio, «appare una vista sulla campagna che cattura l’attenzione, … Ordinata dal lavoro degli agricoltori, nuova ad ogni stagione». E acquista enorme potenza l’espressione «interminati spazi», mostrando che la grande poesia, anche se usa parole vaghe, è sempre esatta.

La seconda parte del libro è un saggio di Ignacio Carbajosa, ordinario di Antico Testamento all’università San Damaso di Madrid, parla del rapporto tra Leopardi «poeta della prima metà dell’Ottocento, da tanti considerato simbolo del pessimismo, e don Giussani, prete ambrosiano educato nella prima metà del Novecento»; sembra un grande paradosso.

Cosa ha da dire Leopardi che si affaccia sulla modernità, vedendone il nulla, a un prete che dovrebbe vedere in ogni cosa il segno di Cristo? Le problematiche sollevate da Leopardi oscurano tutte le altre, costituiscono «un ribollire di domande ed esigenze che sono la stoffa del nostro io». C’è nella nostra umanità un pensiero dominante, che agli albori della nostra vita comincia a prendere possesso di tutte le nostre azioni e preoccupazioni fin alla loro radice ultima. C’è anche il sospetto tutto moderno dell’inconsistenza del reale, dell’impossibilità di una verità che ecceda l’apparenza.

Leopardi sta tutto in questo polo dell’attrattiva e della negazione. E, anche se sceglie la negazione, sentiamo nelle parole e nelle immagini che usa che l’uomo vuole «vedere gli occhi, il volto, del pensiero dominante», vuole trovare «in questa terrena stanza l’angelica sembianza». Leopardi dà a don Giussani, quando fa la terza ginnasio, le ragioni dell’essere malinconico, facendolo giungere al «bel giorno» nel quale scopre il desiderio del poeta si è fatto carne, ed è venuto a provar «gli affanni di funerea vita». Così quella che per i maestri è stata un’intuizione ideale, in don Giussani diventa una genialità pedagogica: la fedeltà a ciò che urge nell’animo è la condizione per conoscere Cristo.

Mario Alisei
Il mio amico Leopardi
Itaca
pp. 160 - € 12