L'ultima marcia del tenente Péguy

Un fiore che vale una vittoria

Il racconto degli ultimi giorni di Charles Péguy. Anche nell'orrore di una guerra assurda, esiste una salvezza per tutti? E cosa salva il mondo? «Perché il problema è non perdere un attimo di stupore»
Flora Crescini

È uscito in coincidenza col Meeting di Rimini L'ultima marcia del tenente Péguy, di Roberto Gabellini, un'opera poetica in quartine che fa rivivere le ultime giornate dello scrittore francese, precisa nei dettagli storici ed esatta nella conoscenza della sua sensibilità. Da leggere anche l'introduzione di Alessandro Rivali e la postfazione di Pigi Colognesi.

Il tenente Péguy si trova a comandare un plotone in una guerra assurda, nella quale si comanda tutto e il contrario di tutto: «Si marcia, si va avanti; in realtà si aspetta:/ il nemico, il prossimo comando... È la vita del del soldato, così, sospesa; sempre in attesa / di qualcuno che ti dica cosa stai aspettando / o se l'attesa sia finita. L'unica che se ne frega, / che fa quello che le pare, è sempre la morte». Nessuna illusione, dunque. Ma anche nel caos bellico si illumina il cuore socialista e cristiano: «Non ci possono essere uomini fortunati / e, poi, i poveri cristi; / ci deve essere un posto, una salvezza per tutti. / Come in cielo, così in terra. / Ci dovremmo aspettare, arrivare / dal buon Dio insieme. Che cosa dirà Lui / se dimentichiamo qualcuno per la strada»?

Una salvezza per tutti: questa è l'esigenza di Péguy, sia da socialista che da cristiano. La stessa esigenza che lo porta a schierarsi nell'affare Dreyfus, a favore di un giusto condannato ingiustamente. «Non siamo qui per vincere a ogni costo, / ma per mantenere, per preservare / il piccolo senso delle cose, la loro nobiltà. /Cosa salverà il mondo? / I vincitori o i puri di cuore?».

Di fronte ai magniloquenti messaggi bellici e di fronte a migliaia di persone che vanno in guerra per sentirsi in qualche modo protagonisti, Péguy sente che la vera vittoria - quella che salva il mondo - consiste nel preservare il senso delle cose. Il problema - scrive in Véronique - non è guadagnare: non è affatto necessario. Il problema è non perdere, se possibile: non perdere un atomo di stupore.

Due giorni prima di morire in battaglia, Péguy trascorre tutta la notte a raccogliere fiori e a sistemarli in una piccola chiesetta dedicata alla Vergine: «Salve mio piccolo Tenente... io ti ho ascoltatato, ti ho avuto vicino; / ti ho obbedito come obbedisco a mio Figlio, / ad ogni cristiano; allo stesso modo, sempre, / per obbedire a Dio Padre. Eccomi dunque». Un gesto tanto inutile quanto gratuito vale di più di mille bombardamenti.


Roberto Gabellini
L'ultima marcia del tenente Péguy
Ares
Pp. 168 - € 14