<em>Il tempo e la vita</em> di Eugenio Borgna.

Un'avventura nelle pieghe dell'essere

Agostino, Pascal, Leopardi, in un faccia a faccia con il dramma del vivere. Sono alcuni dei compagni scelti da Eugenio Borgna, psichiatra, nel suo "Il tempo e la vita". Una riflessione «poco comoda», che dice anche di noi
Maurizio Caverzan

La lettura dei libri di Eugenio Borgna, psichiatra di lungo corso e alto lignaggio, è un’avventura nelle pieghe dell’essere. Ero già rimasto catalizzato da La solitudine dell'anima, un saggio paradossalmente capace di fare compagnia al lettore, stabilendo un’intesa, quasi un’intimità, con l’autore. Ora Il tempo e la vita è una nuova, vertiginosa incursione nei paesaggi dell’interiorità, negli anfratti dell’anima, provata o meno che sia dalla malattia.

Ma è un’incisione che non ha nulla di brusco, quella condotta da Borgna. Anzi, la sua riflessione è espressione di una sensibilità e di un rispetto unici, quasi accompagnasse il lettore per mano nei sentimenti più reconditi e abitualmente rimossi dalla pubblicistica e dalla psichiatria prevalenti.

Anche l’autore, però, titolare di una cultura letteraria, filosofica e mistica sconfinata, è accompagnato da guide sicure oltre che massimamente affascinanti. Prima di tutte Agostino, che ci aiuta a definire la differenza tra il tempo dell’orologio e il tempo della persona. Per il santo delle Confessioni «è inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro». Nell’animo umano vive un tempo unico in tre declinazioni, «il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l’attesa».

Questo per chi è disposto a scavalcare la corsa quotidiana, soggiogata dall’apparenza e dalla futilità, ed è disposto a scendere in profondità per ascoltare la propria domanda di infinito, interrogandosi, con Leopardi, Guardini, Rilke, Simone Weil, Teresa D'Avila e san Giovanni della Croce, sul senso del vivere e del morire, sull’esperienza del dolore e della depressione, della gioia e della malinconia. In due parole, della drammaticità dell’esistenza.

Ma è impegno tutt’altro che comodo, perché ognuno di noi rifugge la solitudine che ci provocherebbe ansia. In quanto, citando Pascal, «tutta la infelicità degli uomini viene da una sola cosa che è quella di non sapere rimanere in riposo in una stanza».

Perciò, soprattutto in età giovanile, ci si inebria col divertimento e la distrazione, per evitare la noia, l’inquietudine, l’insoddisfazione della propria brama di anticipare il futuro. Mentre in età adulta lo si fa per allontanarsi dal rimpianto («nel rimpianto il passato è insalvabile e immobile») più ancora che dalla nostalgia (nella quale «sopravvivono le tracce di una attesa, di una speranza, che ridiano un senso alle cose perdute»), nell’intento di frenare il futuro.

Da insigne psichiatra, Borgna ha vissuto da vicino l’intera gamma di questi sentimenti; ma è più che mai la mancanza e l’assenza di significato ad essere all’origine di tante patologie. E così il tempo perduto, il tempo interiore, lo si ritrova nel silenzio, nella contemplazione e nell’ascolto, quest’ultimo davvero indispensabile in una psichiatria vissuta come indagine nel mistero dell’essere. Il quale mistero, diviene, così, timidamente, più prossimo. Più avvicinabile. Più sensibile alla speranza.

Eugenio Borgna
Il tempo e la vita
Feltrinelli
pp. 217 - € 18