<em>La testimonianza di Gesù Risorto</em>, <br>Giacomo Tantardini.

Comunicare la fede, perché tutto «sia Grazia»

Raccolte in un'opera postuma, le lezioni di don Giacomo Tantardini riprendono vita nel dialogo tra sant'Agostino e don Giussani. Una visione in cui subentra l'Avvenimento cristiano, attraverso il quale ogni cosa diventa occasione di conoscenza
Massimo Borghesi

Le lezioni di teologia filosofica tenute da don Giacomo Tantardini alla Pontificia Università S. Bonaventura di Roma, nell’anno accademico 2008-2009, rivivono ora nel volume postumo La testimonianza di Gesù risorto. Il testo, tratto dalla registrazione operata dagli studenti, conserva la vivezza del parlato e permette un affondo sull’ultima fase della riflessione dell’autore, contrassegnata dall’incontro ideale tra l’Agostino della Grazia e il Giussani de l’Avvenimento.

Diviso idealmente in tre parti, la conoscenza di Dio secondo la ragione, secondo la fede, secondo la falsa comprensione (gnosi), il libro valorizza la distinzione scolastica tra natura e grazia e, insieme, seguendo Gilson, mostra di optare per la fede come inizio. Occorre «evitare quello che il filosofo francese chiama “una specie di razionalismo apologetico”. Occorre cioè evitare di far fare prima il difficile percorso della ragione e poi comunicare la fede. […] Questa dinamica in Agostino e Tommaso è evidentissima. E mi è caro sottolineare che è evidente anche in Giussani» (p. 69).

La fede si comunica mediante la fede, la grazia mediante la grazia: non si può uscire da questo circolo. Il grande pericolo, che le pagine del volume costantemente sottolineano, è il venir meno delle distinzioni. «La natura è distinta dalla grazia: la grazia corrisponde alla natura. La natura è un’attesa sofferente dell’incontro con la grazia, ma dalla natura non si arriva alla grazia, la grazia non emerge dalla natura. La grazia non è la risposta che l’uomo, riflettendo su di sé, trova, e quindi ultimamente crea. Giussani ha un’immagine secondo me molto bella quando dice che queste domande, che nascono dal cuore dell’uomo, sono come una sorgente che zampilla e non disseta» (p. 112).

Se “Tutto è grazia”, come termina il Diario di un curato di campagna di Bernanos, allora non c’è più la grazia. «Paolo non dice: “Tutto è grazia”. Paolo dice: “Tutto sia grazia”. E questo è cristiano. Tutto, anche il peccato, può essere occasione di grazia, se si accoglie, ma il peccato non è grazia. E la creazione, ferita, attende la grazia, ma non è grazia» (pp. 100-101). Per questo, afferma Tantardini, riprendendo il cardinal Cottier: «La cosa più utile in questo momento “è la capacità di distinguere, propria di tutta la tradizione tomista che Maritain riprende”» (p. 101). L’indistinzione, la con-fusione tra senso religioso e fede, porta alla gnosi, alla riduzione simbolica ed idealistica del contenuto della fede, allo svuotamento della sua realtà. Scrive l’autore: «A me sembra che gli anni Ottanta siano stati gli anni in cui è prevalsa l’egemonia pelagiana, anche nella Chiesa: cioè una sottolineatura della morale separata dall’avvenimento della grazia. Dagli anni Novanta in poi il pericolo più evidente, anche nella Chiesa, è la gnosi» (p. 104). Per questo, «è importante nella Chiesa, soprattutto oggi, accorgersi che le parole cristiane sono state lette in senso idealistico. È importante, invece, ritradurle tutte in senso realistico» (p. 85).


Giacomo Tantardini,
La testimonianza di Gesù risorto. È solo nella gratitudine che si conosce veramente
Presentazione del cardinal P. Grech
Edizioni Monache Agostiniane 2014
pp. 240 - € 16