La copertina dell'album di Elsa Martin.

Il vecchio e il nuovo, per andare nel verso giusto

Un album dalla bellezza inaspettata, quello di Elsa Martin. Con un mix di originalità e tradizione, la giovane cantante sfida «i tempi duri della musica d'autore». E rischia mettendo poesia nei suoi testi...
Walter Muto

Spesso il mondo dei cosiddetti “indipendenti” offre musica volutamente a “bassa fedeltà”, o come si dice low-fi, dove diventa un valore il fatto che le canzoni siano ruvide, prodotte con pochi mezzi ed anche per questo veraci, autentiche. A volte è vero, a volte no.
Grazie al regalo di un amico mi sono trovato di fronte a questa cantautrice friulana, che vale davvero la pena di segnalare. Un lavoro completamente acustico, affidato soprattutto a chitarre acustiche (in alcuni brani una bellissima 12 corde), contrabbasso e batteria, con la presenza discreta qua e là di clarinetti e violino e una pennellata di pianoforte.
A differenza, appunto, di tante produzioni indipendenti, qui la musica è di altissima fedeltà, ben suonata e ben arrangiata: il livello dei musicisti è molto alto e la produzione curatissima.

Le canzoni sono in parte originali ed in parte tratte dalla tradizione popolare friulana (e pertanto cantate in dialetto). Tre tracce sono dedicate proprio alla proposizione dei canti originali friulani da parte di alcune “cantrici” locali. In generale, musicalmente c’è una certa predilezione per i ritmi irregolari, usati insieme ad armonie interessanti, che propongono talvolta interessanti cambi di scena.
Passando al materiale originale, le canzoni scritte da Elsa, in italiano o in dialetto, presentano melodie avvincenti e riuscite, che mettono in luce una vocalità bella, aperta, ricca di colori e sfumature estremamente raffinate ed interessanti. Il dialetto friulano (come già era accaduto, per esempio, con Van De Sfroos) si configura come una vera e propria lingua, a cui non manca niente per esprimere visioni e concetti, sia semplici che complessi.
Sono tempi duri per la musica in generale, ed ancora più duri per la musica d’autore. Tuttavia c’è da sperare che un’artista così non resti relegata nella sua nicchia, fra premi della critica e sconosciuti festival folk. Speriamo che una vena simile, sia vocale che compositiva, trovi una collocazione fra la musica “normale”, ammesso che ve ne sia una; fra la musica che si ascolta tutti i giorni, in mezzo ad altra magari diversa, ma non per forza chiusa in una scatola ed etichettata ad uso esclusivo degli esperti del genere. Forse è un’utopia, ma ci piace ancora sognare.

Torniamo a Verso. Forse un tantino ermetici alcuni dei testi, che in ogni caso evocano belle immagini e scenari poetici, come in Neve: «Chiedere al tempo che / si fermi un giro e / resti a guardare se è tardi per / piano allontanarti o / rincorrerti o scrivere / lettere cariche di neve».
Fra le canzoni in dialetto molto bella è Dentrifûr (Dentrofuori), ma forse ancora più interessante è La lûs (La luce), che in qualche modo richiama un po’ una chanson d’aube provenzale, e che viene chiusa dal suggestivo coro dei bambini di Betania. Dalla traduzione in italiano: «In cielo tremando le stelle si stanno spegnendo / all’alba del giorno / Dietro la montagna è ancora nascosta /non vuole svegliare il mondo silenzioso (...) Quella luce d’argento / con l’aria d’argento / porterà Novità».
Ma su tutte nella mia personale classifica sta una delle canzoni in italiano, Calda sera, un viaggio (come del resto tutto il disco) sul filo della memoria, un ritmo in cinque ottavi che diventano sei all’occorrenza, delle armonie aperte e ricche di variazioni e la bellissima interpretazione vocale. Su tutto questo un sipario che si apre su una scena abituale, quotidiana qualche tempo fa, magari ancora vissuta in campagna, un po’ meno in città: «Favola e arcolaio, le frasi del rosario/l’abbraccio contro il buio/come a ninna nanna mi chiami piano, nonna/sono qui, sei qui». I tanti amici friulani sanno sicuramente meglio di noi di che cosa si sta parlando: di un contesto che, piallato dalla televisione, è andato via via scomparendo, ma talvolta riaffiora, come un fiume carsico. È bello che faccia capolino nei versi e nelle note di una giovanissima artista come Elsa.

Elsa Martin
Verso
Autoprodotto - MB001 - 2012