La copertina del nuovo album.

PAOLO NUTINI Una voce nera italo-scozzese

Walter Muto

Uno scozzese, di origine italiana che canta come un nero. Già questo basterebbe ad incuriosire, e all’ascolto la curiosità anziché sfumare, cresce. Sì, perché le canzoni di questo cantautore, nato quasi per caso, sono fresche, si fanno ascoltare, stupiscono e talvolta rapiscono.
Nato per caso, dicevamo. Quando nella sua città natale, Paisley, in Scozia, appunto, si organizza una festa che celebri il vincitore di uno show televisivo, anche lui della stessa città. Ma la star è in ritardo e Paolo viene chiamato sul palco con la sua chitarra ad intrattenere il pubblico. E proprio fra il pubblico c’è colui che poi diventerà il suo manager. Una storia d’altri tempi per un ragazzo (oggi) di 22 anni che ha le idee molto chiare sulla musica che vuole produrre. «Io approccio una canzone come una lettera, sia che voglia scriverla alla mia ragazza o al pubblico. Trovo più facile comunicare emozioni cantando, perché è come se uscissi da me stesso. La musica è un grande veicolo, sia per chi la fa che per chi la ascolta. Ho trovato in me una certa onestà, che mi piace perché mi sento di doverne un po’ a me stesso per dire quello che sento. It’s ok to be wrong. In the end it’s just a song. (Va bene anche se sbaglio, alla fine è solo una canzone – in inglese per non perdere la rima…)». Così racconta sul suo sito www.paolonutini.com, insieme a tante altre notizie dall’inizio della sua carriera ad oggi. Il tutto rigorosamente in inglese, però.
E allora quale è la musica che fa Paolo Nutini? Difficile individuare un solo genere, anche se la matrice principale è il soul, e soul è la maniera in cui Paolo canta, con un timbro che si pone a metà fra Otis Redding e Terence Trent D’Arby, per buttare là due antenati illustri. Un uso sapiente delle blue notes, le classiche inflessioni melodiche tipiche del Blues, insieme ad una tessitura sonora semplice, ma che suona vera. È un disco suonato con energia, in cui molta parte del lavoro compositivo è nato da molte ore passate in studio a provare e riprovare, e si sente. Alla fine gli strumenti sono semplici (chitarra, basso, batteria e una spruzzatina di organo e fiati), ma le canzoni girano bene, e viene voglia di risentirle.
Le storie raccontate sono storie comuni, l’amore, l’esperienza di tutti i giorni, ma la maniera di cantare di questo ragazzo è convincente. Sunny Side Up si intitola il disco, ed effettivamente in tutte le tracce non c’è una sola nuvola, il clima è molto solare, soprattutto nel piccolo gioiellino Tricks of the Trade, che sembra uscito da un film degli anni ’40. Anche i due singoli in circolazione, Candy e Coming Up Easy sono canzoni davvero ben riuscite. Un piccolo tributo al folk irlandese viene concesso in Chamber Music, verso la fine del disco, arricchita da fisarmonica e flautini.
Questo lavoro potrebbe suonare come un disco vecchio, datato, che si ispira ad un passato glorioso tentando di imitarlo. Ma perché quando ascolto le canzoni di Amy Winehouse (o dei suoi vari cloni italiani) quei pezzi mi suonano stantii e pure imitazioni, e invece qui non ho quell’effetto? Azzardo una risposta: lì si tratta di puro lavoro di marketing, tipo «facciamo una canzone che suoni come gli anni ‘60». Qui invece, in Paolo Nutini, c’è esigenza di comunicare, ispirandosi ai maestri del passato. Poi avrà una strategia anche lui, ma questa musica, lo ripeto, suona vera. Buon ascolto!

Paolo Nutini
SUNNY SIDE UP
Atlantic
€ 16,50