La copertina del cd.

PAOLO CONTE Un mondo che non c'è più. A ritmo di jazz

Walter Muto

L’ascolto di questo ultimo lavoro dell’avvocato astigiano è stato una sfida, innanzitutto per me. Qualche amico dice: è bello. Vediamo. Così stavolta non voglio documentarmi, non voglio sapere niente in anticipo, ma solo affidarmi a quello che esce dai solchi; una buona cuffia e via, da capo a fondo.
Tra le tue braccia apre con una intensa dichiarazione d’amore, affidata per metà pezzo solo a voce e pianoforte, e poi allo swing della band, resa old style dalla presenza di un discreto clarinetto. Con Jeeves si passa ad uno swing più veloce; simpatica storiella in cui "scusa" rima con "Usa". Il francese di Enfant prodige si veste di armonie complesse e intriganti, e poi lascia il posto ad una triste atmosfera circense in cui si muove il Clown della traccia numero 4, che con una reiterata, sorprendente progressione armonica conduce ad una chiusa in tempo di bolero.
Nina ci porta il gusto un po’ retro di rime tronche - color, amor, fior - bellezza esotica a ritmo di milonga. Anche qui la sorpresa è nel finale… E si va, in questa continua scoperta, attraverso l’elogio di una passeggiata in città (Galosce selvagge), la piccola cronaca quotidiana (Storia minima), un altro episodio in francese, insolitamente funky e - mi si permetta - un filo kitsch (C’est beau) e uno slow dedicato a una Massaggiatrice.
Alla traccia 10, si riparte invece in inglese (Sarah, dal testo non esattamente decifrabile), e poi via a una serie di nuovi bozzetti a matita: Sotto la luna bruna dal basso boogie-woogie, o se preferite tendente al rock’n’roll; Suonno è tutt’o suonno, dalla musica rarefatta e le parole pesate ad una ad una; Los Amantes del Mambo, due ballerini sulla cima del mondo; e poi il simpatico quadretto de L’orchestrina, dedica ai musicisti e al mondo dei night club. Bodyguard for myself chiude su un’andatura alla Obladì Obladà questo lavoro variegato e composito.
Giudizio? Diciamo innanzitutto che Paolo Conte non si smentisce, anzi semmai ritorna alla maniera espressiva a lui più congeniale: brevi sketch, realizzati con gusto, sempre innestati sul grande amore per il jazz. Ironia, ricordi ed un linguaggio piacevole si mescolano alle suggestioni musicali, in questo caso non virtuosistiche, ma lineari, essenziali, pulite. In più, la capacità di raccontare storie con un passo diverso, sia perché comunque Paolo Conte ne ha compiuti settantatré, sia perché il mondo narrato da lui non esiste più, ma può essere ancora cantato. Un lavoro certamente non innovativo, ma la bella conferma di un artista di razza.

Paolo Conte
Nelson

Platinum/Universal (2010)