La copertina dell'album

OREGON, 40 anni da scoprire

Walter Muto

In genere gli album (o anche le canzoni singole) si ascoltano per un certo periodo, poi poco o punto. La situazione è un po’ cambiata da quando ci si può portare dietro un numero spropositato di brani in una scatoletta di pochi centimetri quadrati. Uno può avere con sé la colonna sonora per due vite, se non che ne abbiamo solo una.
In ogni caso, ci sono album che ritornano, che ogni tanto c’è il bisogno di riascoltare. Per me Crossing è uno di quelli. Ad un quarto di secolo dalla sua uscita resta attuale ed intatto nella sua originalità compositiva ed interpretativa. Forse perché la musica degli Oregon (sì, perché stiamo parlando di musica strumentale) è come loro stessi la definivano, Music of another present era. Ed effettivamente la musica degli Oregon è fra le più difficili da rinchiudere in una definizione, perché include radici molto differenti le une dalle altre. La musica classica (Ralph Towner, il maggiore compositore del gruppo, è diplomato in composizione e chitarra classica, ma suona incredibilmente anche il piano jazz), il jazz, appunto (Glen Moore, contrabbassista e Paul McCandless – oboe, sax soprano e un milione di altri fiati – provengono dal jazz, ma non solo), ma anche la musica orientale (Colin Walcott, percussioni, tabla indiane e sitar, amava moltissimo l’India e le sue suggestioni sonore) si intrecciano in un mosaico luminoso e sempre diverso.
La carriera degli Oregon inizia alla fine degli anni Sessanta, quando Towner e Moore iniziano ad esibirsi in duo; li troviamo anche sul palco di Woodstock ad accompagnare il cantautore Tim Hardin. Il loro primo lavoro discografico con il nome Oregon è del 1972, e da subito si identificano come qualcosa di assolutamente nuovo, un lato pochissimo battuto dell’improvvisazione, basata in gran parte su armonie jazz, ma non solo.
Ma dopo una dozzina di anni e di album, proprio mentre stavano ultimando Crossing, il percussionista Collin Walcott muore in un incidente stradale, l’8 novembre 1984. L’album esce, e il vuoto lasciato dalla morte dell’amico e co-fondatore del gruppo sembra incolmabile. L’anno dopo, proprio ad un concerto in memoria di Walcott, i tre vengono accompagnati dal grande percussionista indiano Trilok Gurtu, allora emergente, che dal 1986 al 1990 sarà poi membro fisso del gruppo. E la storia riparte con altri dischi, che portano la loro strada quarantennale fino ai nostri giorni.
Perché allora ascoltare questo cd? Che cosa ci si trova dentro? Lo ripeto: è pressoché impossibile descrivere o definire questa musica. Io trovo che alcuni pezzi siano davvero molto belli, in particolare il tema di The Glide e il trequarti di Looking-Glass Man fanno capire il tipo di musicisti che abbiamo di fronte. Ma anche l’iniziale ed evocativa Queen of Sidney accompagna l’ascoltatore attento in un lungo viaggio su un ostinato armonico che ad un certo punto cambia improvvisamente strada… O Pepé Linque, con il suo incedere quasi rock’n’roll… La title-track Crossing chiude il lavoro, affidando alle orecchie dell’ascoltatore un tema aperto, solare, che non può non ricordare Icarus, brano scritto sempre da Towner quasi quarant’anni prima. Una musica da scoprire, in cui entrare in punta di piedi, fidandosi ed ascoltando con attenzione.

Oregon
CROSSING (1985)

Ecm
€ 19,50