La copertina del cd.

Il rock suggerito dai cavalli

"Saga" è l'ultimo cd dell'ex leader dei CCCP. L'album racconta «un pezzo di storia dell'umanità, quella della dorsale appenninica». Ideato come Libretto d'Opera, le musiche sono un mix di atmosfere orchestrali e accordi punk...
Walter Muto

Avvicinarsi a Giovanni Lindo Ferretti è un'operazione sempre delicata. Personaggio assolutamente singolare, unico, strana forma di asceta tornato a casa dopo lunghe peregrinazioni. E per questo assolutamente imprevedibile. Partito all'inizio degli anni Ottanta per Berlino, è lì che fonda insieme a Massimo Zamboni la band di “punk filo-sovietico” CCCP – fedeli alla linea, attiva per poco più di un decennio e trasformatasi poi in Csi – Consorzio Suonatori Indipendenti. L'ultima trasformazione in Pgr (Per Grazia Ricevuta) avviene nel nuovo secolo, in anni in cui Ferretti si riavvicina alla fede cattolica dei suoi padri, e questo coincide, oltre che con un ritorno spirituale, anche con un ritorno a casa fisico, sull'appennino tosco-emiliano, dove la vita va ad un passo diverso da quello cui è abituato l'uomo moderno. Un libro, Reduce, testimonia il suo ritorno alla fede, un altro, Bella gente d'Appennino, una sorta di autobiografia, che lo lega alla sua terra e alla sua gente in maniera indissolubile.

L’ultimo cd Saga nasce da e per i cavalli. Una volta questi luoghi montanari e le bestie erano il rifugio del cantante punk fra una tournée e l'altra, oggi sono il contesto in cui vive tutti i giorni, con poche e mirate incursioni nel mondo dei “normali”, quanto serve a guadagnarsi da vivere attraverso quella musica che, ha dichiarato ultimamente, rispetta, ma non ama. Saga nasce prima come spettacolo e poi come disco. «A me questo spettacolo», racconta in un'intervista «serve per raccontare un pezzo di storia dell’umanità, quella della dorsale appenninica. L’idea di proporre un’idea di teatro equestre è una cosa folle di questi tempi. Ma sia il disco che lo spettacolo nascono da una visione, che ho avuto una sera in una stalla, vedendo entrare tre cavalli con tutta la loro potenza. Ho pensato che se potevo portare la loro potenza su un palco potevo ricreare in modo diverso la potenza dello spettacolo rock, che è fatta da chitarre, basso e batteria».

C'è tanta musica in questo lavoro, che Ferretti ha creato come un Libretto d'Opera, per poi affidarlo a Lorenzo Esposito, che ha scritto e arrangiato i pezzi mescolando atmosfere orchestrali e chitarrone distorte e punk, suoni veri ed elettronica, innestando su tutto la voce del cantore, come Giovanni Lindo ama chiamarsi. La voce scandisce bene le sillabe senza farne perdere nemmeno una, incedendo spesso quasi come una salmodia. Le melodie minimali, basate su poche note ripetute con qualche raro slancio melodico, si incastrano in arrangiamenti ben scritti e compositi. A volte appaiono anche testi declamati, in latino o in italiano, su un ricco accompagnamento strumentale, talvolta essenziale, talvolta pomposo. Un lavoro ambizioso, anti-economico, frutto di una sensibilità multi stratificata, con punte di assoluta poesia, verbale e musicale.

Occorre dirlo: non è un disco da ascoltare facendo la doccia o cucinando, o comunque facendo altro. Quella di Giovanni Lindo Ferretti è una estetica profonda, legata ad un mondo antico e al suo essere profondamente «montano, italico, cattolico romano», come ama definirsi.

Ancora una volta niente è più adeguato delle sue stesse parole per dirci qualcosa di più: «Nell’anno di grazia 2013, sessantesimo di mia vita, non vorrei essere che qui dove sono in libera compagnia di uomini cavalli e montagne, affaccendato in un teatro barbarico di cui Saga è suono e senso. Nessuna intenzione di rievocare un passato ad uso di comparse in costume e a beneficio di ciarlatani, ma piuttosto la necessità di evocare un futuro che renda merito all’epica che l’ha generato, a chi ci ha preceduto». Un lavoro ricco, anomalo e profondo, che merita (e richiede, assolutamente) attenzione. E che sicuramente non lascia chi lo ascolta (e dà spazio a lasciarsi interrogare) come prima.

Nota bene finale: solo per il fatto di aver abbracciato la fede e la chiesa cattolica Ferretti ha visto molti amici girargli le spalle ed andarsene, quando non attaccarlo o considerarlo non del tutto a posto. Fa specie lo slalom di alcuni intervistatori, che cercano di evitare a tutti i costi politica e religione, come se fosse possibile separare i fattori costitutivi di un uomo. Lui se la ride, e guadagna con la musica quanto gli basta ad allevare i suoi cavalli con tre amici.
In mezzo a tutto il resto, poesia, musica, latino, italiano, classica e punk afferma perentorio: «Se perdiamo il maremmano perdiamo la storia». Unico e singolare, e pienamente «montano, italico, cattolico romano». Per questo ci interessa.

Giovanni Lindo Ferretti
Saga - Il canto dei canti - Opera equestre
Sony Music - 2013