"God Don't Never Change: The Songs<br> of Blind Willie Johnson".

Un bluesman nello spazio

Era di Blind Willie Johnson l'unico blues registrato dalla Nasa sui Golden Records di Voyager. Oggi la musica del grande artista afroamericano rivive grazie ad un album tributo cantato da grandi artisti internazionali
Walter Muto

Quando nel 1977, la Nasa lanciò nello spazio la sonda Voyager con lo scopo di raggiungere i confini dell’universo, pose a bordo anche i cosiddetti Golden Records, dei dischi che potessero testimoniare ad eventuali extraterrestri la cultura terrestre e la sua molteplicità di espressioni.

Fra un concerto brandeburghese di Bach e un coro bulgaro, Stravinsky, Beethoven, musica tribale africana e rock’n’roll, la commissione incluse anche un blues di Blind Willie Johnson, Dark Was The Night, Cold Was The Ground. Uno dei brani più strazianti mai scritti ed eseguiti da un uomo, in cui la chitarra suonata con il bottleneck accompagna una voce mugolante, sofferta, che riesce ad articolare solo due parole: Why (perché) e Alone (solo). La solitudine dell’uomo di fronte alle domande dell’esistenza. (Qui trovate la lista integrale dei brani inclusi nel Golden Records e qui la versione originale di Dark Was The Night, Cold Was The Ground).

E l’esistenza non era certo stata tenera con Blind Willie Johnson, se è vero - la sua biografia, come quella di molti bluesmen, è accertata solo da un certo punto in poi - che fu accecato dalla matrigna furiosa in tenera età. Nato nel 1897, registrò i suoi blues fra il 1927 e il 1930 e poi, dopo la grande crisi, peregrinò per gli Stati Uniti cantando fino alla morte, nel 1945.

Ma oltre la domanda straziante del brano scelto a rappresentare il dramma dell’uomo per la compilation extraterrestre, il resto del repertorio di Blind Willie Johnson era quasi esclusivamente Gospel, cioè oltre alla domanda cantava anche la risposta incontrata: in Gesù, nel Vangelo (gospel, per l’appunto) e nella fede cristiana.

La Alligator Records di Chicago, etichetta dedicatasi da sempre al blues e alla roots music, fa uscire a fine febbraio un album tributo a questo grande bluesman. E lo fa coinvolgendo dei grandi artisti americani ed anglosassoni che offrono voce e strumenti e reinterpretano con vigore e varietà di espressione le sue canzoni.

La forma è il blues, il contenuto è una continua dichiarazione di fede. Già il titolo dell’album è una dichiarazione d’intenti: God Don’t Never Change: The Songs of Blind Willie Johnson. La doppia sgrammaticata negazione rinforza ancora di più il significato, «Dio non cambia davvero mai». E via attraverso espressioni di fede e di speranza, in ordine sparso Jesus Is Coming Soon,«Gesù arriverà presto», Keep Your Lamp Trimmed and Burning, «Tenete le lampade accese», Bye And Bye I Am Going To See The King, «Ciao a tutti, io sto per vedere il Re».

Le voci che si alternano per una canzone a testa sono quelle dei Blind Boys of Alabama, Maria McKee, Luther Dickinson, Susan Tedeschi (accompagnata alla chitarra dal grande Derek Trucks), e poi Cowboy Junkies e dall’Irlanda Sinéad O’ Connor. Due brani ciascuno sono invece affidati a Lucinda Williams e Tom Waits. Di grande livello, ma forse un po’ troppo educata la performance della Williams, a cui sono affidate It’s Nobody’s Fault But Mine e la title-track God Don’t Never Change. Sabbiosa e graffiante quella di Waits, che ci regala due possenti versioni di The Soul Of A Man e John The Revelator, dedicata a Giovanni Battista. Un gigante perfettamente a suo agio con il repertorio dell’altro gigante del blues. Chiude il lavoro proprio Dark Was The Night, Cold Was The Ground, affidata alla voce ondivaga e perennemente incerta di Rickie Lee Jones.

Insomma mentre T-Bone Burnett continua a scoperchiare e rivivificare la tradizione bianca, l’altro grande produttore Jeffrey Gaskill fa i conti con le radici nere, regalandoci un capolavoro che dice molto del retroterra dell’intera America, e di cosa stia dietro la speranza ben riposta. L’incontro e la fede in Chi ha sconfitto i guai attraverso cui passiamo. Singolare commistione di grammatica blues rock e vocalità ed inflessioni irlandesi, nella voce di Sinéad O’ Connor Trouble Will Soon Be Over recita così: «I guai finiranno presto, la tristezza avrà fine. Cristo porta il mio pesante fardello, Lui è il mio solo amico / Fino alla fine della mia tristezza, e mi dice di appoggiarmi a Lui».

God Don't Never Change: The Songs of Blind Willie Johnson
Alligator Records, 2016