La copertina del cd.

Franz Listz e la provocazione della Via Crucis

A 35 anni, il maestro ungherese si dedica alla stesura di un'opera sulla Passione di Cristo. Ne escono tappe musicali di intensa drammaticità, in cui i cori spaziano dall'intonazione gregoriana all'inno processionale
Andrea Milanesi

«Per parte mia ritorno più che mai al mio punto di partenza, al cristianesimo. L’avvenire del mondo è in questo suo passato e la sapienza ultima nella croce. Un giorno scrivevo che solo Cristo ci può liberare; quel sentimento sgorgava dal più profondo del mio cuore, non nelle parole ma nelle speranze rassegnate, nella musica solitaria. Questa musica non si scrive, non si canta, ma noi sentiamo, nelle nostre sofferenze, che Dio l’ascolta…». Con queste parole affidate a una lettera indirizzata alla contessa Marie d’Agoult, Franz Liszt (1811-1886) dichiarava il desiderio di ritrovare un po’ di quiete e tranquillità e la necessità di fermarsi a meditare sulle grandi riflessioni che stavano scuotendo il suo animo.

Idolatrato dal pubblico delle sale da concerto e conteso dai salotti della grande nobiltà europea, a soli 35 anni il maestro ungherese decise così di ritirarsi dalle scene e, nel lungo e travagliato percorso di ascesi spirituale – che nel 1865 lo portò a ricevere gli Ordini minori in Vaticano – dedicò la maggior parte delle proprie energie creative della sua maturità alla stesura di opere sacre; pagine tutte da scoprire e rivalutare come la Via Crucis per coro, cantanti solisti e pianoforte, ultimata nel 1878 ma eseguita per la prima volta solo nel 1927 a Budapest.

Le tappe musicali che accompagnano la salita verso il Calvario concorrono alla stesura di un polittico di intensa drammaticità, in cui è il pianoforte, lo strumento prediletto di Liszt, a rappresentare il reale baricentro espressivo dell’opera, chiamato com’è a ricoprire un ruolo ora di accompagnamento quasi orchestrale (attraverso le potenti perorazioni accordali che percorrono da cima a fondo una partitura densa di molteplici rimandi), ora di lieve e sfumata evocazione poetica, impreziosita da audaci combinazioni armoniche quasi impressionistiche; per sottolineare i passaggi di più intensa riflessione, il linguaggio si fa poi maggiormente solenne e austero, quasi scarnificato, e la tastiera si affida allora a cascate di note sparse, su tempi sensibilmente dilatati (le ultime tre Stazioni occupa quasi metà della durata dell’intera Via Crucis).

E mentre i brevi interventi delle voci soliste portano in primo piano i personaggi principali – Gesù, Pilato e le tre Marie (chiamate a intonare il verso iniziale dello Stabat Mater) – le parti corali spaziano invece dall’intonazione gregoriana dell’inno processionale Vexilla regis alla cristallina trama polifonica di palestriniana memoria dell’O crux d’apertura, dall'impronta bachiana derivata dalla tradizione corale luterana (VI Stazione) fino all'afflato quasi brahmsiano dell’Ave crux conclusivo.

Un mondo ricco di richiami simbolici e musicali, investigato con estrema partecipazione dal maestro Jaan-Eik Tulve che, alla guida dell'ensemble Vox Clamantis e del pianista Jean-Claude Pennetier, sembra dilatare a livello idealmente esponenziale il lasso di tempo che intercorre tra la condanna a morte di Gesù e la deposizione del Suo corpo nel Sepolcro, attraverso uno stile interpretativo prosciugato nell’espressione e intimamente contemplativo, a cui è affidato il compito di amplificare gli stati d’animo che tali misteriosi eventi suscitano nel cuore dell’ascoltatore.

FRANZ LISZT
Via Crucis
Jean-Claude Pennetier, Vox Clamantis, Jaan-Eik Tulve
Mirare / Ducale (2013)