Max Richter.

E se Vivaldi si suona in 3D?

L'ultimo lavoro del compositore Max Richter presenta le "Quattro stagioni" in modo nuovo. Come? Scomponendo e ricomponendo le diverse tessere di un grande mosaico, «per metterne in risalto l'assoluta modernità e la bellezza senza tempo»
Andrea Milanesi

“La musica barocca al tempo del 3D”: potrebbe essere questo il sottotitolo del disco dedicato all'ultima fatica del compositore Max Richter (classe 1966), che ha deciso di rivestire di nuovi arrangiamenti le inossidabili Quattro stagioni di Antonio Vivaldi (1678-1741), cioè i primi quattro concerti della raccolta Il cimento dell’armonia e dell’inventione op. VIII che già in pieno Settecento vennero fatte oggetto delle più numerose e disparate trascrizioni (insieme a quella realizzata dal filosofo e musicista Jean-Jacques Rousseau ce n'è anche una di Michel Corrette che ha addirittura trasformato La primavera in un mottetto sacro con coro, il Laudate Dominum).

«Le Quattro stagioni sono musiche che ci girano intorno da sempre», ha dichiarato Richter: «Sono dappertutto e, in qualche modo, noi non siamo più in grado di ascoltarle in profondità, per quello che realmente sono». È nato così in lui il bisogno di “scomporle” e “ri-comporle”, riscrivendole e mettendo insieme le diverse tessere di un grande mosaico utilizzando peraltro le partiture originali e il medesimo organico strumentale previsto del maestro veneziano (l'incisione discografica vanta anche la presenza di Daniel Hope, uno dei violinisti più virtuosi e acclamati attualmente sulla piazza).
Attraverso la sensibilità e il linguaggio minimalista di un autore dei giorni nostri, la musica di Vivaldi si riflette in un caleidoscopico gioco di specchi attraverso prospettive sempre diverse, visioni soggettive che utilizzano intere arcate melodiche e sfruttano i “pattern” ritmici delle Stagioni come solide basi architettoniche. Le note originali ci sono quasi tutte e le melodie dei concerti sono quasi sempre riconoscibili, elaborate qua e là dall'autore anche con qualche leggera spruzzata di elettronica, ma sempre con il massimo rispetto, a tratti avvolte da un misterioso alone sonoro quasi indefinito, spesso sfalsate tra echi lontani e stranianti.

Si parlava appunto di “effetto 3D”, ma questo progetto in realtà sembra spingersi addirittura oltre. La quarta dimensione utilizzata da Richter gioca infatti su un ulteriore piano: quello della memoria, utilizzata quasi come se si trattasse di una delle voci che contribuiscono a ricreare una sorta di polifonia virtuale, attraverso i rimandi della mente di chi questi celeberrimi concerti li ha con ogni probabilità ascoltati centinaia di volte, se non altro negli spot pubblicitari televisivi o nelle sale d'aspetto degli studi dentistici. Il terreno è dunque assolutamente fertile e ricco di spunti per dare vita a una rivisitazione la cui identità artistica può risultare familiare soprattutto alle nuove generazioni, che hanno dimestichezza con i concetti di re-mix, campionamenti e sound-design, ma che d'altra parte mette in risalto l'assoluta modernità e la sorprendente bellezza senza tempo della musica vivaldiana.

Recomposed by Max Richter
Vivaldi: The Four Seasons
Daniel Hope, Konzerthaus Kammerorchester Berlin, André de Ridder
Deutsche Grammophon / Universal (2012)