<em>De mi vida a la vuestra</em>, la mostra su don Giussani a Cuba.

Don Giussani sbarca a Cuba

"De mi vida a la vuestra". La mostra sul fondatore di CL nel chiostro barocco dell'Habana Vieja, aperta il 21 giugno alla presenza di monsignor Giorgio Lingua, nunzio sull'isola. «Autorità, misericordia e fede», le tre parole cuore del suo discorso
Davide Perillo

I pannelli sono lì, fissati alle pareti del chiostro settecentesco. Qualche fila di sedie, un tavolo, l’impianto audio. Un gesto semplice, come la fede antica e mai sopita della gente dell’isola. Ma fa una certa impressione vedere spuntare il volto di don Giussani tra queste mura. Siamo all’Habana Vieja, nel seminario di San Carlos y San Ambrosio. È stato a lungo il cuore pulsante della Chiesa di qui, ed è tornato a battere forte da tre anni, da quando il cardinale Jaime Ortega lo ha voluto come sede del Centro culturale Padre Félix Varela. E oggi ospita la mostra De mi vida a la vuestra, aperta il 21 giugno.

«È un’iniziativa partita mesi fa, e ruota intorno al fatto che la comunità, negli anni scorsi, è rinata all’Avana e a Matanzas», spiega Giampiero Aquila, che vive e insegna in Messico, ma a Cuba viene spesso da quando il cardinale Ortega gli ha chiesto di collaborare, con il Centro de Investigación Social Avanzada messicano, al corso di laurea in Humanidades (120 studenti sui tre anni «e una sessantina di matricole, di cui sette cattolici»). C’era da tempo «il desiderio di poterci giocare un po’ più apertamente», racconta Aquila: «Abbiamo stampato i pannelli in Messico, e io li ho portati qui in autunno», subito dopo la visita di papa Francesco. «L’abbiamo avuta lì tra le mani per un po’, senza trovare il momento opportuno». Poi l’occasione è arrivata, grazie al rapporto con Gustavo Andújar, responsabile del centro Varela e direttore di Espacio laical, una rivista su cui scrivono grandi personalità della politica e dell’economia cubane: «Mi ha detto che non conosceva bene il movimento, ma voleva saperne di più». La stima che il cardinale Ortega ha da sempre per CL ha fatto il resto. E don Giussani è sbarcato all’Habana Vieja.

Gesto semplice, appunto. La presentazione di Alejandro Mayo, tra i responsabili del movimento nell’isola. L’introduzione di Jesus Carrascosa, che a Cuba viene dai primissimi tempi della nascita di CL, vent’anni fa («volevamo che la gente avesse un’idea della quotidianità semplice della vita di Giussani», dice Aquila), sei minuti di video sul fondatore del movimento. E l’intervento di monsignor Giorgio Lingua, il Nunzio arrivato a marzo del 2015. Mezz’ora ricca e densa, tutta da riprendere per la profondità dei contenuti.

Monsignor Lingua legge la vita di Giussani alla luce di tre parole: «Autorità, misericordia e fede». La prima, dice, è un tratto che lo ha colpito scorrendo la biografia del fondatore di CL scritta da Alberto Savorana: «Noi acquistiamo autorità nella misura in cui viviamo ciò che diciamo, mettiamo in pratica ciò che esigiamo dagli altri. Solo così siamo credibili e, di conseguenza, autorevoli. Missionari e non semplicemente professionisti. Don Giussani non era un professionista della fede, ma è sempre stato un missionario. Uno che, ogni volta che parlava di Cristo, della Chiesa, della sua fede, manifestava una grande passione, una passione che coinvolgeva. Per questo motivo era una persona autorevole».

Poi, appunto, la misericordia, di cui Giussani ha parlato sempre, ma ancora più spesso negli ultimi anni della sua vita, «quando avverte meglio il limite che avanza» e questa parola gli torna «con maggiore frequenza alle labbra, come se fosse il testamento di una madre ai suoi figli». E il motivo di fondo monsignor Lingua lo scorge nelle parole che Jorge Mario Bergoglio, allora Arcivescovo di Buenos Aires, pronunciò nel 2001, alla presentazione de L’attrattiva Gesù: «Dopo aver parlato della fede come frutto di un incontro, punto centrale delle intuizioni di don Giussani, Bergoglio commentava: “Non si può capire questa dinamica dell’incontro che suscita lo stupore e l’adesione se su di essa non è fatto scattare - perdonatemi la parola - il grilletto della misericordia. Solo chi ha incontrato la misericordia, chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia, si trova bene con il Signore”» La stessa morale cristiana, ricordava il futuro Papa, «è la risposta cristiana davanti a una misericordia sorprendente». E questo in Giussani è evidente.

Come è evidente il terzo tratto caratteristico, «la radice dell’esperienza nata attorno a lui»: la fede. Lingua lo svolge citando un altro Papa, Benedetto XVI. A lui «è rimasta impressa la creatività della fede» di don Giussani. Cosa significa? «La fede ci rende creativi, non perché vogliamo inventare qualcosa di nuovo, ma perché abbiamo fiducia in Dio, il Creatore». E la grandezza di Giussani «sta nell’aver saputo trasmettere agli altri questa sua convinzione, lasciando a chi lo seguiva la libertà di attuare quel meraviglioso progetto che Dio ha su ciascuno». Per questo, aggiunge il Nunzio, «lo possiamo definire come un grande educatore, perché non ha cercato di “far da padrone sulla vostra fede”, ma è stato “collaboratore della vostra gioia”».

L’ultimo punto risponde a una domanda: che ruolo può avere una realtà come Comunione e Liberazione a Cuba? Che utilità può portare a questa terra? La risposta fa sobbalzare in molti tra i presenti: «Credo che CL possa offrire un contributo prezioso alla realizzazione di quanto papa Francesco ha detto ai giovani il 20 settembre scorso, parlando della necessità di costruire l’amicizia sociale». Ovvero, collaborare alla costruzione – o ricostruzione – del bene comune. «Non si tratta di credersi superiori a nessuno, di voler insegnare qualcosa, ma di offrire, come dono, il contributo di una grazia ricevuta». E CL «può offrire oggi il suo contributo formando persone che ascoltino, che riflettano e che sappiano tenere in considerazione l’opinione di tutti, perché questo significa esattamente esercitare la comunione nella libertà».

Poi, partono le visite. La prima la guida Dario García, giovane professore di Linguistica all’Avana, che sottolinea come Giussani «entra in dialogo con il mondo contemporaneo non da intellettuale, ma come uno che vuole educare». E via, per una decina di giorni di vai e vieni nel chiostro.

«Le reazioni? Vedremo», dice Aquila. Ma intanto racconta di mail arrivate, di Rafael, professore di Matematica, che ha cominciato a fare Scuola di comunità («avevo cercato tante volte la possibilità di incontrare la fede, ma inutilmente. Poi sono arrivati gli Esercizi. E con questa mostra mi sembra di avere incontrato un padre»). O Silvia, che non è riuscita ad esserci, ma ha invitato suo padre ad andare «e quando è tornato era contentissimo e mi ha detto: io giovedì inizio a fare Scuola di comunità». Su Espacio laical dovrebbe uscire un articolo, «ed è una cosa importante qui», osserva Aquila. Ma è solo la prima puntata. La prossima, il 13 settembre. In programma, ancora don Giussani. E Su vida, la biografia.