Rose Busingye.

KENYA «Non si è mai vista una cosa simile»

La vacanza della comunità di Nairobi. Con ospiti d'eccezione: Rose e alcuni amici del neonato coro di canto popolare dei ragazzi di Kampala. E la scoperta che quel "Qualcosa che viene prima" cambia la vita
Paolo Perego

A Nairobi la comunità di Cl ha deciso di trascorrere qualche giorno fuori città, a un centinaio di chilometri dalla capitale. Ospiti d’eccezione, Rose e alcuni amici del neonato coro di canto popolare dei ragazzi di Kampala: partiti dalla “vicina” Uganda (500 chilometri in linea d’aria, almeno il doppio via terra, superando una catena di montagne da 4mila metri, su strade sterrate) hanno raggiunto Nairobi dopo svariate ore di viaggio con il loro pulmino. Fil rouge dei quattro giorni: “Qualcosa che viene prima”, mutuato dal testo di don Giussani pubblicato su Tracce di novembre, e su cui i 97 partecipanti si sono trovati a lavorare in alcuni momenti della vacanza.
Durante l’introduzione Rose, invitata a parlare, ha raccontato di come, quando aveva cominciato a lavorare a Kampala, la sua vita era costantemente impegnata nell’aiutare i malati e di come questo, col tempo, era iniziato a diventare pesante. Poi la visita a don Giussani, per discutere della cosa. «Mi ricordò che ciò di cui avevo bisogno per affrontare i malati era lasciare ogni cosa e tornare alla casa dei Memores Domini, poiché quello era il luogo che il Mistero aveva creato per me», ha detto Rose, aggiungendo che questo “cambio di metodo” è stato per lei l’inizio di una novità per la sua vita. Tutti sono rimasti colpiti e affascinati dall’amica ugandese. Vivian, per esempio: «Ho sempre pensato di aver scelto mio marito secondo i miei criteri. Rose, invece, mi ha ricordato che mi è stato dato. E questo ha cambiato il modo in cui guardo lui e mio figlio». Oppure, Pascal: «La vacanza è stata un’occasione per ricominciare, cioè per rinnovare l’esperienza dello stupore di fronte all’Avvenimento; uno stupore che ci coglie inevitabilmente quando mostriamo una semplicità di cuore. Ma cosa è accaduto? Attraverso i volti dei miei amici, le canzoni e le testimonianze dei ragazzi ugandesi ho visto la presenza di Rose; bisogna davvero guardare il modo in cui lei vive la realtà, poiché la testimonianza del suo completo “sì” a Cristo è evidente. Questi amici, e perfino le attività che abbiamo fatto - camminare in una stupenda foresta, pranzare insieme, le canzoni e i giochi - mi hanno permesso di comprendere ancora una volta che Cristo sta cercando di raggiungermi e di attirarmi in un’esperienza di corrispondenza». E poi David: «Io mi occupavo dei giochi; per esempio, abbiamo messo in piedi una specie di football americano, a cui hanno preso parte tutti, dai bambini di cinque anni alle persone anziane: tutti a correre come matti. Non si era mai vista una cosa simile: cento persone di tutte le età che giocano insieme, coordinate, allegre e felici. Lì è stato evidente come solo nell’incontro in cui mi sono imbattuto è possibile vedere questa umanità diversa e prendere sul serio tutti gli aspetti della vita. Perfino il gioco».
Lo stesso è accaduto a tutti quelli che erano lì: Maggie, Chrispine e altri… E qualcuno addirittura, ascoltando gli ugandesi cantare, ha azzardato che quelle canzoni dovessero essere un’anticipazione di paradiso. Canzoni tipiche della loro terra? Anche, ma non solo: canti italiani, popolari e di montagna.
E sebbene in pochi capissero le parole, quello che restava era la bellezza; la bellezza dei canti, del modo in cui erano cantati e di quelli che cantavano. «Questo ci è ancora più evidente ora - racconta Joakim, responsabile della comunità keniota -, quando vediamo i nostri bambini cantare queste canzoni, inserendo parole inventate perché non conoscono quelle vere, ma solo il loro suono. Uno spettacolo».