La presentazione all'Unesco.

Il Meeting accolto all’Unesco «come a casa»

Trent'anni fa, da un gruppetto di amici nasceva un evento unico al mondo. La nuova edizione del Meeting di Rimini è stata presentata a Parigi. Dove è stato indicato come esempio da guardare...
Silvio Guerra

È possibile esportare il Meeting di Rimini? È ciò che è successo il 5 maggio a Parigi all’Unesco, dove è stata presentata la trentesima edizione. Tema: “La conoscenza è sempre un avvenimento”.
A mille chilometri dalla costa adriatica, il Meeting per l’amicizia fra i popoli è riuscito a contagiare gli ovattati ambienti dell’Unesco. Un luogo dove, di solito, fatti e incontri rimbalzano di volto in volto, senza trovare cordialità. E invece il 5 maggio è successo qualcosa, come ha evidenziato nel suo benvenuto Ioseph Yai, presidente del consiglio esecutivo dell’agenzia: «Il Meeting è l’esempio di attività che rappresenta la ragion d’essere dell’Unesco, la nostra ragione di vivere e sperare. In questo tempio dell'amicizia universale, siete a casa vostra». Insieme a Yai, davanti a 150 persone - tra ambasciatori, rappresentanti del mondo culturale, della Chiesa e dei movimenti cattolici - sono intervenuti Giuseppe Moscato (ambasciatore italiano presso l'Unesco), monsignor Francesco Follo (rappresentante della Santa Sede presso l’agenzia dell’Onu), il giornalista irlandese John Waters, il paleoantropologo Yves Coppens (ricordate la scoperta di “Lucy”, la nostra progenitrice con più di 3 milioni di anni?), Igor Bailen (rappresentante delle Filippine presso l'Unesco) ed Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. Ad accompagnare l’evento, nei locali dell’Unesco è stata allestita la mostra “Il Meeting per l'amicizia fra i popoli: immagini di una storia”: una galleria dei personaggi che hanno partecipato alla kermesse riminese in questi 30 anni (da Giovanni Paolo II a Madre Teresa, da Andrej Tarkowski al Dalai Lama).
Cosa porta i relatori, arrivati da tre diversi continenti, ad incontrarsi? Tutto parte da un’amicizia - «un fatto imprevedibile», ha detto Roberto Fontolan (direttore del Centro Internazionale di Cl) introducendo l’incontro - che si allarga e abbraccia tutti. Il Meeting nel 1980 è nato così, da otto giovani baldanzosi che andavano dietro ad un prete brianzolo, don Giussani. Un esempio concreto di incontro, sbarcato oggi in una delle istituzioni più prestigiose del mondo. Un vero avvenimento, come l’ha definito Yves Coppens, «cioè un elemento di discontinuità in una continuità».
Per Waters, che ha scoperto il Meeting tre anni fa, «non è un evento come gli altri». In un mondo che ci bombarda di informazioni ogni minuto, «che permette a tutti di accedere alla conoscenza come mai era accaduto prima», la manifestazione riminese offre «una cultura diversa: la cultura con un significato». Anche perché «la vera conoscenza non sta nel semplice fatto - ha precisato Waters -, ma nel fatto accompagnato da un senso».
Cogliendo bene la portata del Meeting, monsignor Follo ha parlato di «una reale capacità di dialogo con tutte le culture». In una società dove «le differenze sono vissute come ragioni di conflitto e di opposizione», dunque, è ancor più fondamentale «la testimonianza di unità offerta da questo gruppo di amici». L’ha ricordato l’ambasciatore Giuseppe Moscato: di fronte alla mescolanza di popoli che avverrà nel nostro secolo, l’impostazione culturale del Meeting «è necessaria per capire meglio l’altro e le molteplici sfide». Un’urgenza evidenziata anche da Igor Bailen, a partire dall’esempio della convivenza di cattolici e musulmani nelle Filippine.
Una cosa così semplice, che non sembra possibile. Eppure lo è. Come ha concluso Emilia Guarnieri, citando un’intervista di Eugène Ionesco (il grande intellettuale partecipò al Meeting nell’87): «Il Meeting non è il Paradiso, ma i primi passi che ho compiuto per arrivarci». Un luogo, quindi, «dove l’amicizia tra i popoli non è un progetto - ha continuato la Guarnieri -. Ma nasce da un gruppo di persone educate ad amare la realtà e ad accettare la sfida a valorizzare tutto ciò che s’incontra».