I ragazzi del Clu sulla spiaggia di Tarkwa Bay.

Anche qui il «quotidiano può essere un miracolo»?

Elezioni alle porte, il terrorismo islamico nel Nord. Ma anche il lavoro, gli esami e le preoccupazioni di ogni giorno. Una trentina di ragazzi del Clu in gennaio sono andati a Tarkwa Bay per una vacanza. E raccontano di una vita rifiorita

Non ero mai stato a una vacanza del Clu. Così, quando alcuni mesi fa è arrivato il momento di prepararla, mi sono subito interessato. Il tempo trascorso con il movimento mi ha fatto accorgere che, insieme a questi amici, sono sempre felice. Non riesco a capirne del tutto le ragioni, anche se ho provato più volte a fare analisi, ma il fascino è così forte che spero di godermelo anche senza capirlo fino in fondo.

Alcune settimane dopo la Giornata d’inizio anno, abbiamo cercato di organizzare un momento in cui preparare la vacanza, ma senza successo. In quel periodo ero molto impegnato: dovevo concentrarmi sugli esami. Avevo passato la maggior parte del semestre cercando di conciliare scuola e lavoro, saltando anche lezioni importanti. Dovevo prendere buoni voti: avrebbe confermato la ragionevolezza della mia scelta di lavorare e studiare insieme. Anzi, avevo programmato di lavorare ancora di più dopo il primo anno, per sfuggire alla povertà che affligge molti laureati nigeriani che dipendono da un impiego nelle società cooperative e governative. Con l’avvicinarsi degli esami, però, mi ero quasi dimenticato della vacanza: c'erano questioni più urgenti che richiedevano tutta la mia attenzione. Poi, verso la fine della sessione, ho saputo che Barbie ci aveva invitati tutti in una casa al mare messa a disposizione da uno degli amici del movimento.

All'inizio l'ho considerata una via di fuga dalla sgradevole realtà di un lavoro molto faticoso verso una realtà più bella che mi aspettava, con alcuni amici, nella magnifica e tranquilla Tarkwa Bay. Ogni problema di lavor rimandato al lunedì, il cellulare senza rete, nessun altro pensiero poteva disturbarmi. Ma è stato molto di più, e l'incapacità di descrivere come mi sono sentito qui, o cosa sia il movimento, deriva probabilmente dal fatto che finora non ho trovato niente con cui paragonarlo. Per fortuna ho uno strumento grazie al quale posso mostrare agli altri la bellezza di cui faccio esperienza, senza bisogno di parole: la mia macchina fotografica. Grazie alla fotografia riesco a portare dentro alla realtà di un altro uno scorcio della mia gioia, e di come essa sia "semplicemente complessa". E infatti me la sono portata sempre dietro, durante ogni attività. Anche a cena, perché non volevo perdermi niente.

Il giorno dopo il nostro arrivo siamo andati in spiaggia a recitare l’Angelus: in una pausa di silenzio ho osservato la sabbia, il mare e i volti dei miei amici. In essi ho visto di nuovo tutta la bellezza che mi aspettavo di trovare, e anche di più. Il mattino dopo abbiamo fatto un'assemblea. Avevo provato a leggere il testo della Giornata di inizio anno, ma non ero mai arrivato fino alla fine. Così, prima di trovarci, ho provato a leggerlo partendo dall’ultima pagina. Mi ha colpito questa frase del Papa: «Noi non siamo stati scelti per tirarci fuori dalla realtà, ma per essere ancor più dentro le situazioni. Siamo stati scelti per accompagnare chiunque "è rimasto al bordo della strada"». Solo qui sento parlare così. Solo in questa compagnia ho trovato il cammino per scoprire il significato della vita, della realtà, passo dopo passo, senza moralismi. Molte volte viviamo divisi: la domenica andiamo a messa, ma poi viviamo il resto della settimana come se Dio non c’entrasse. Nel movimento ho trovato persone che vivono quello che dicono. C’è un’unità, e questo è interessante. È la vita cristiana autentica. Penso di sentirmi come gli apostoli con Gesù: erano sconosciuti, pochi, e senza alcun potere. Un piccolo gruppo nella nebbia della confusione più totale. Ma la salvezza del mondo intero si trovava con loro, esattamente come qui, tra noi.

Finita l'assemblea mi sono sentito invadere da una certa malinconia, pensando che la vacanza sarebbe finita nel giro di qualche ora. Questa sensazione si è trasformata a poco a poco in una profonda tristezza che mi ha appesantito durante tutta la messa e anche dopo, quando abbiamo riordinato e ripulito la casa. Mi sono preparato a ritornare all'"altra realtà", quella spiacevole e dura.
Come mai c’era così tanta bellezza qui e così poca nella mia vita a Lagos? Ero andato in vacanza aspettandomi quella bellezza e quella pace che non oso cercare nella vita di tutti i giorni, per paura di rimanere deluso. Ora però capisco che il problema non è la "vita quotidiana", ma come la guardo e la vivo io. In questi giorni ho voluto vedere qualcosa di bello e, per questo, avevo occhi e cuore aperti alla grazia di riconoscerlo. Anche se so che i gesti della mia giornata potrebbero racchiudere più bellezza, se solo io la cercassi, faccio ancora molta fatica su questo punto. Per questo prego ogni giorno.
Anthony



«Vivo grazie alla memoria di Cristo». Cristo è mio amico, la mia vera sorgente di luce, mi è compagno e mi fa considerare voi tutti dei veri amici con i quali condividere la vita, imparare e costruire partendo da ogni esperienza che incontro. Mi fa diventare più cosciente di me e mi insegna cosa sia la maturità, per incominciare ad apprezzare la realtà così com’è. L’esperienza della vacanza a Tarkwa Bay mi ha mostrato cosa mi rende libero: questo gesto mi ha fatto diventare più me stesso e apprezzare me, gli amici, i miei cari. Mi ha fatto valorizzare ciò che Cristo ha fatto e continua a fare per me. Posso certamente dire che, anche con tutte le grandi o piccole sfide che sto affrontando (o che mi riserverà il futuro), io vivo e sono felice grazie alla memoria di Cristo. Un’esperienza da ricordare sempre e di cui essere felice. È meglio seguire non per motivi finiti, ma infiniti. È una ragione più valida della vita stessa.
Abraham



I mesi scorsi sono stati terribili per il carico di lavoro che dovevo sopportare: uscivo la mattina presto e tornavo molto tardi. Non potevo andare avanti così, lo dicevo anche ai miei colleghi. Finalmente, sono arrivate le ferie natalizie e ho avuto l’opportunità di trascorrere quattro giorni a casa con la famiglia, in completo relax. Ho passato il Natale con loro, abbiamo guardato un film, ma mi sono accorto che neanche la vacanza mi rendeva felice. Mi mancava qualcosa. Allora mi sono ricordato quello che Barbie mi aveva detto l’anno scorso, quando eravamo all’AIR (l'Assemblea internazionale dei responsabili di Cl), a La Thuile. Le avevo raccontato dei miei problemi di lavoro, della mia vita. Mi aspettavo un suggerimento, una soluzione, ma lei mi ha risposto: «Nyemike, non so cosa Dio ti stia chiedendo, cosa abbia in mente per la tua vita. Chiedigli di rivelarsi, di capire il progetto che ha su di te, quello che ti sta domandando. È tutto dentro un dialogo con Lui, chiedilo a Lui». La cosa mi ha colpito molto. In Nigeria avrebbero cominciato a rispondere, a spiegare, a dire. Lei, invece, mi stava spingendo verso Lui e ciò era fondamentale per scoprire che le circostanze che mi erano date facevano parte del cammino della vita. Erano la strada del rapporto personale con Lui.
Nyemike



Ieri un’amica, Barbara, mi ha ricordato quanto «il quotidiano possa essere un miracolo». Tutto è accaduto perché potessi verificare questo. Mi sono rotto una gamba all’inizio di quello che si prospettava un bel weekend, e, come se non bastasse, ero rimasto quasi del tutto afono. Questo voleva dire che non sono non potevo nuotare, giocare, muovermi autonomamente, ma soprattutto non potevo dedicarmi a una delle attività che preferisco: cantare. Tutte le mie speranze e aspettative per quei giorni erano andate in fumo davanti ai miei occhi. Non doveva andare così. Ma il fatto di trovarmi in una compagnia che mi dimostra un affetto e un sostegno grandissimi, mi ha ricordato che sono amato e preferito da Dio. Mi sono perciò reso conto che questa circostanza non doveva definire il mio weekend, e ho deciso di viverla fino in fondo. Non ho potuto fare a meno di ringraziare per i momenti in cui tutto sembrava normale, e che io avevo dato per scontati. Ma, soprattutto, sono grato di aver vissuto una circostanza apparentemente sfavorevole con la certezza che sono amato e preferito, resa evidente dai volti di amici straordinari.
Roland



È stata una vacanza molto importante, innanzitutto per me. Durante il periodo di preparazione, a seguito di una provocazione di Rose in un incontro della casa, le ho fatto più domande del solito sul gesto che ci aspettava. L’ho chiamata, le ho esposto l’idea di lavorare sulla Giornata d'inizio anno. «Bello», ha detto. Ho suggerito di leggere le ultime due parti del testo, ma lei ha risposto convinta: «No, non leggere. Fai tu un riassunto». È stato uno shock. Innanzitutto ho scoperto in me la tendenza a essere approssimativa nella proposta. Dietro a una finta semplicità, c’era una mia non decisione, un prendere le distanze senza rischiare un giudizio.
Non riuscivo a fare un riassunto di quello che don Carrón aveva detto: più andavo avanti nella lettura, meno riuscivo a sintetizzare i punti. Ho chiamato Rose due o tre volte per farmi aiutare, ma non c’era verso. Mi diceva sempre di rileggere da capo. Mi trovavo con le spalle al muro. Non potevo che fidarmi, non potevo ridurre la vacanza solo a un simpatico tempo libero da trascorrere insieme, facendo la Scuola di comunità in maniera "ridotta". Ho scoperto questo in me. A volte, anche se cerchi di salvare le apparenze, dentro di te sai la vera ragione per cui fai una cosa. Quella telefonata mi ha messo faccia a faccia con Rose, anche se era lontana, davanti a qualcuno che non accettava di ridurre la realtà. Al momento di cominciare la vacanza, ho pensato: «Perché la gente viene?». Infatti erano più di trenta, non c’era spazio e avevamo dovuto lasciarne fuori alcuni. Immediatamente mi sono detta: «Il motivo per cui vengono è un loro problema, il punto è perché li ho invitati?». Perché ho invitato ognuno di loro? Cosa ho da dir loro? Cosa mi ha dato il coraggio di chiamarli e passare con loro tre giorni? Ho ripensato a quando ho sentito per la prima volta don Giussani citare il Deuteronomio all’assemblea della Compagnia delle Opere: «Perché tu sia felice...». Ripeteva questa frase. Per quella ragione mi trovavo con quei ragazzi e li avevo invitati alla vacanza. Così, fin dall’introduzione del primo giorno, ho detto loro che desideravo fossero felici, che fossero se stessi, veramente se stessi, come io ero felice; e che sperimentassero la mia stessa pienezza. Ho raccontato cosa quella promessa ha realizzato, e sta ancora realizzando, nella mia vita. Non so spiegarlo, ma quella frasetta di Rose mi ha aiutato a essere più me, ad essere sincera, anche nell’affetto verso di loro, per riscoprire di quale sguardo è piena la mia vita. Questa è l’unica cosa che, volendo essere seria, potevo dire e condividere con loro. A rendere bella la vacanza sono stati il mio cambiamento, l’essere me stessa di fronte a loro, e lo sguardo, pieno di stupore, per la riscoperta che io sono per Lui.
Barbara