Uno dei progetti promossi da ”Trabajo y Persona”.

Anche nel black-out, si riaccende il desiderio

La fede che diventa intelligenza della realtà: ecco un'altra testimonianza che lo documenta. È la storia di Alejandro, che qualche anno fa ha fondato l'impresa sociale "Trabajo y Persona", che è arrivata fin nel cuore della Guajira...
Alejandro Marius

A Maracaibo mi accoglie una fresca mattina di gennaio, il che significa 30 gradi già prestissimo, che segnano l'inizio di giorni assai intensi. Il mio amico Pablo viene a prendermi all'aeroporto. È un sacerdote salesiano che dirige un Centro di Apprendistato Agricolo nella Guajira venezuelana. «Mi accompagni a cercare delle cose che ci hanno regalato?». La risposta è ovvia: «Sono venuto per te, facciamo quel che vuoi».
Dopo un giro a Maracaibo, ci siamo messi in viaggio verso la frontiera con la Colombia e in tre ore abbiamo superato per lo meno sei posti di controllo della Guardia Nacional, con militari armati fino ai denti. Vedendo il camion con la grande scritta “Centro de Aprendizaje Agrícola Don Bosco” ci fermano per salutarci e ci chiedono di benedirli. Io non sono sacerdote, ma padre di quattro figlie, e ho benedetto ugualmente i militari.
Viaggiamo fino alla frontiera con la Colombia nel territorio guajiro: «Sei matto, perché vai fin là!», mi diceva un'amica pochi giorni prima. La popolazione è aborigena, vive in grande povertà e in una zona piena di conflitti: lotte tra etnie, presenza di gruppi di guerriglieri, il contrabbando l’attività economica più redditizia, per citare solo i problemi più gravi.
Nel Municipio indigeno della Guajira abbiamo incontrato un amico di Pablo, responsabile di un gruppo di produttori rivoluzionari che vivono nella zona. Ha dimostrato anche verso di me lo stesso affetto che aveva per Pablo.
Siamo arrivati nel Centro all'ora di pranzo, per mangiare con la comunità salesiana. Quel luogo è come un faro nell'oscurità, per la bellezza e la proposta educativa. Di sera mi hanno chiesto di parlare del mio lavoro ai 400 ragazzi dai 13 ai 19 anni che studiano nell'internato per diventare tecnici agrari e provengono da cinque diverse etnie indigene. Anche solo la loro presenza è il primo richiamo a fare memoria del motivo per cui mi trovo lì. Non è la prima volta che devo intervenire in un progetto rurale e lavorare con la comunità, già nel 2011 abbiamo iniziato a operare in una scuola a El Parchal, nello stato di Lara. Lavoravo con il mio amico Andrés, insegnante di agricoltura alla Scuola Bolivariana della zona e in collaborazione con il Consiglio Comunale locale abbiamo sviluppato diversi progetti educativi e agricoli.

Non è un segreto che negli ultimi anni il Venezuela si sia polarizzato dal punto di vista politico e sociale, quindi una persona come me, un professionista della capitale, che ha lavorato in aziende internazionali, biondo e con gli occhi chiari, non ha senso che faccia questi viaggi e venga in questi posti, a meno che non nasconda qualcosa. «Cosa vuoi tu qui, catire (così chiamano i biondi)? Di che partito sei?», mi hanno domandato molte volte in zone rurali e popolari, perché un interesse umano e non politicizzato verso le persone sembra alquanto strano. Dopo molti viaggi ed esperienze alla fine ho scoperto che la migliore risposta è la verità della mia vita: «Ho incontrato Qualcuno che mi ha amato come nessun altro e non posso fare a meno di seguire ciò che mi indica e mi offre a ogni istante».
Una ragazzina che mi ascoltava in quei luoghi mi chiamava Padre Alejandro, altri adulti lo pensavano e non lo dicevano, finché un giorno ho portato lì in vacanza mia moglie e le quattro figlie e tutto è stato chiaro. È qualcosa di poco comune, ma che in fondo spiega tutto.

Ho vissuto la stessa esperienza con i dirigenti delle aziende, proponendo collaborazioni nei progetti di formazione al lavoro e alla piccola impresa che abbiamo sviluppato in questi ultimi tre anni, da quando ho rinunciato al mio lavoro in una multinazionale e ho deciso di dare inizio all'impresa sociale che si chiama “Trabajo y Persona”. In particolare uno di questi dirigenti mi ha prestato alcuni libri su Pierre Toussaint, uno schiavo haitiano e cattolico morto a New York, in fase di beatificazione per le numerose opere sociali che ha creato. La sua impresa non solo vuole finanziare il nostro progetto per “Imprenditrici della Bellezza”, ma il suo Direttore Generale addirittura insiste: «Vorrei che anche i miei collaboratori avessero una tale coscienza del lavoro: potrebbero lavorare come volontari in questi programmi?». Il programma che gli proponiamo è destinato a donne con pochi mezzi, che mantengono la famiglia: nel 2012 abbiamo diplomato il primo gruppo nell'aula magna dell'Università Monteávila (università promossa dall'Opus Dei) grazie al sostegno di Joaquín (Rettore) e Rafael (Decano dell'Amministrazione) che sono amici miei.
La stessa cosa è successa con dirigenti di altre imprese multinazionali; Carlos, di un'azienda di produzione di legname, che ci ha chiesto di aiutarlo nella formazione a livello nazionale di giovani imprenditori del mobile, e poi è venuto a sapere che sono anche consulente per l'innovazione e mi ha chiesto di organizzare un laboratorio per il suo gruppo di lavoro; Ana María, di un'azienda di telecomunicazioni, ci chiede di aiutare i giovani a entrare nel mondo del lavoro, perché sa che sono consulente esterno della sua azienda per l'innovazione e questo non genera conflitto, ma aumenta il valore; Claudia, della banca di microcredito più importante del Paese, ci chiede di organizzare seminari e offrire accesso al credito al nostro gruppetto di persone qualificate; e molti altri casi. Ma non capita soltanto a me: a Germán, Mariloly, Elizabeth e al resto della squadra che lavora più direttamente con me succede la stessa cosa, e anche al gruppo di insegnanti che collaborano con noi per accompagnare i partecipanti nel processo di formazione.

Che cosa fa la differenza, perché una Ong si rivolga alle imprese non per chiedere denaro, ma per collaborare nello sviluppo di progetti che aiutino la società venezuelana e aumentino il valore delle sue imprese? È vero che è necessario come requisito avere una professionalità seria, ma anche se ce l'hai, deve essere caratterizzata da un'esperienza umana che permetta di porsi di fronte alla realtà in modo aperto, abbracciando tutto, senza pregiudizi. Da qui nasce un'intelligenza nuova, che non è originariamente mia, ma è una conseguenza del dono della fede e del riconoscere come questa si faccia carne e si possa seguire con fedeltà. È questo il motivo che mi ha fatto iniziare e il perché continuo a sviluppare “Trabajo y Persona”. Questa origine mi mantiene in tensione, rendendomi sempre più consapevole del lavoro che faccio, ma più di tutto dell'opera che creo insieme con i miei collaboratori.
In un Paese pieno di ricchezze come il Venezuela, all'interno di un processo “rivoluzionario” in cui la speranza si volge verso progetti politici di un colore o di un altro, dove sembrano già una prassi consolidata la mancanza di alimenti di base, i black-out elettrici e la violenza (20mila omicidi nel 2012), esiste sempre un punto su cui ricominciare. Il cuore di ogni uomo desidera un'altra cosa, l'origine di ogni politica o programma sociale deve partire dal prendere sul serio questa condizione strutturale dell'uomo: il desiderio infinito della felicità, di essere veramente un Essere Umano.

A partire da questo sono nate amicizie che mi aiutano a considerare più seriamente il lavoro che faccio sia nell'Associazione “Trabajo y Persona”, sia nel lavoro di consulenza e formazione nella nascente Scuola d'Impresa per l'America Latina. Osservando come vive un gruppo di insegnanti e studenti amici che organizzano l'Happening che si fa tutti gli anni nell'Università Cattolica Andrés Bello (gestita dai gesuiti), ho potuto incontrare persone con cui sta nascendo una grande amicizia e stima: Tito e Genny, che sono ricercatori in ambito sociale; Henry, direttore dell'Istituto di Ricerca di Ingegneria; o Bernardo, che porta avanti il Parco Sociale dell'Università. Il rapporto con loro è caratterizzato dalla stessa esperienza, fino a condividere una familiarità dell'altro mondo, per niente prevista, ma molto concreta in questo mondo e che mi aiuta a fare meglio il mio lavoro. Comincia una rete di relazioni che partono da un incontro umano e si sviluppano come qualcosa di buono per la mia vita, se ho la semplicità di seguirlo e di essere fedele a Lui.
Tutto questo non solo mi fa porre in modo meno teorico e formale di fronte al quotidiano, ma mi aiuta ad avere coscienza della Grazia che sto ricevendo: la Presenza di Cristo che esaudisce i desideri del mio cuore, che mi aiutano a stare nella realtà così com'è. Questo sorprende tutti, a cominciare da me stesso, e mi dimostra che non esiste condizione di crisi o di conflitto in cui un'esperienza cristiana autentica non generi una vita più umana.
Ora capisco anche la frase che ho sempre sentito: «Più umana, ossia più cristiana». Questo è l'unico cammino possibile e percorribile che conosco, non solo per la mia felicità, ma anche per il bene della mia famiglia, dei miei amici, di un Paese come il Venezuela e del mondo intero.