EncuentroMadrid 2015.

E il dialogo fu possibile...

Una strana eccezione in una società contemporanea dove regnano laicismo e diffidenza. La kermesse madrileña ha puntato tutto sul tema del desiderio, passando dalla matematica al tango. Un risultato che sorprende e che fronteggia lo strapotere del «nulla»
Fernando de Haro

«Siamo rimasti sorpresi». Il presidente di EncuentroMadrid si confida. Sono circa le 5 del pomeriggio di domenica, ora consacrata al riposo per i madrileni. A quest’ora non si usa esser fuori di casa, parlare molto, tirare conclusioni. Ma Rafael Gerez si sbilancia, ora che mancano pochi minuti alla conclusione delle “giornate di cultura popolare”, definizione che alcuni danno a questo evento organizzato nella capitale dal 2003.

«Sorpresi, avevamo scelto con una certa ingenuità il tema "Desideri infiniti. Desiderio di infinito", lo avevamo fatto con l’intento di cercare un dialogo a partire da una delle grandi provocazioni di don Giussani, che mette in evidenza che il desiderio di infinito è qualcosa in cui chiunque può riconoscersi. E abbiamo visto l’importanza di quello che don Julián Carrón ha affermato nel suo recente articolo su ABC. Quando qualcuno testimonia quello che lo fa vivere, quando si racconta, si aprono spazi di libertà e di novità inaspettati. Lo abbiamo visto davanti ai nostri occhi».

Era una scommessa difficile, perché nella Spagna del 2015, che vive la tensione di diverse tornate elettorali, in cui sembra messo in dubbio lo stesso impianto costituzionale del 1978, si fa sempre più arduo parlare di ciò che sostiene la vita di ciascuno. Si può discutere all’infinito sulla fine del bipartitismo o sulla crisi. «Ma nelle cene in famiglia, se non si vuol creare problemi, non si può parlare seriamente di politica o di religione. Non si può far riferimento a questioni di significato, anche se è proprio quello di cui avremmo più bisogno di parlare», sottolinea Fernando Vidal, un giovane sociologo, intervenendo a una delle tavole rotonde. «Ci è stato imposto nella vita pubblica un laicismo non solo rispetto alla religione ma nei confronti di tutto ciò che ci riguarda più a fondo, e questo si è trasformato in una censura che ha toccato anche la vita familiare», ha aggiunto Vidal.

È la stessa denuncia fatta propria da Wael Farouq, professore dell’Università Americana del Cairo, una delle personalità più in vista che sono intervenute: «L’Europa è diventata il luogo nel quale si adora “il nulla fatto idolo”, si proclamano molti valori che in realtà sono vuoti. Per risolvere il problema della diversità si esige che nella vita pubblica si rinunci alla propria identità. Ci è permesso di esistere, ma non di essere. Tutti noi siamo sempre in relazione con altri, io esisto grazie a un rapporto, ma quando la società non mi permette di vivere questo rapporto nella dimensione pubblica, esercita su di me la violenza più grande». Lo sottolinea, in chiave positiva, Juan Pablo Fusi, uno degli storici spagnoli più conosciuti e attivi di questo periodo: «È urgente che si possa parlare tra noi non solo del cambiamento delle istituzioni, ma di ciò che consideriamo essere una società giusta e di ciò che ci appare una società ingiusta, di ciò che è un diritto e di ciò che non lo è, della libertà, dell’uguaglianza».

Che cosa ha reso possibile questa strana apertura in un ambiente spesso dominato da un formalismo soffocante? «Abbiamo fatto esperienza del valore storico della gratuità attraverso le decine di volontari che hanno reso possibile EncuentroMadrid. E abbiamo visto che quando non viene censurata la grande questione del significato emergono spazi nei quali, di fatto, si affronta in maniera più intelligente la sfida appassionante del vivere insieme», sottolinea Gerez.

EncuentroMadrid è la grande spiaggia alla quale approdano rapporti di mesi, anni, relazioni generate da persone che vivono “in uscita”, ponendosi liberamente in gioco nei luoghi dove lavorano o dove vivono. È il caso di una compagna di lavoro di Juan José Gómez Cardenas, uno dei grandi specialisti a livello internazionale della Fisica dei neutrini. Lui si dichiara agnostico, però ha appeso, nel suo studio di Valencia, il Volantone di Pasqua con le parole di Francesco perché «è bello» e perché glielo ha dato la sua collega. Nell’incontro che lo vede protagonista insieme all’astrofisico Marco Bersanelli, Cardenas va al fondo delle questioni e si abbandona, cosa rara, fino ad ammettere che la conoscenza sta sempre davanti alla sfida del mistero. «Siamo il mondo intero, e al fondo non siamo nulla. Mi sforzo di procedere nel cammino della conoscenza scoprendo un mistero che non può mai essere svelato nella sua totalità ma che non mi abbandona mai», ha sottolineato.

È un rapporto che ha fatto sì che questa edizione dell’EncuentroMadrid cominciasse in un teatro del centro della capitale con un grande spettacolo di flamenco: “Immortale per amarti”. Emilio Pérez, un sacerdote della diocesi appassionato del ballo, da dieci anni vive una intensa amicizia con un gruppo di cantanti e ballerini guidato da Ana González. Pérez e altre centinaia di persone ascoltano commossi «Immortale per amarti, immortale per adorarti. Io ti amo con tutta l’anima. E l’anima non muore mai»: sono i versi di un tango scandito dal tipico battere dei tacchi, che dicono, come solo può esprimerlo qualcosa che si balla con questo rapimento, di quale musica, di quale vibrazione è fatto il desiderio di ciò che è per sempre.

Dopo la serata musicale tra battimani e arpeggi alla chitarra, EncuentroMadrid inizia il venerdì alla "Casa del Campo" con l’apertura della mostra: “Da uno all’infinito. Al cuore della Matematica”. Durante il fine settimana, decine di persone ascoltano l’illustrazione del valore di una ragione capace di formulare leggi universali. La vita è così, fatta di problemi che sfidano la ragione. «Partiamo da un problema non solo per il gusto di risolvere le sfide che possiamo incontrare, ma per osservare la nostra ragione in azione», recita la frase che accoglie i visitatori. «Si può vedere e toccare con mano, anche attraverso degli esperimenti, il tentativo dell’uomo di comprendere l’ignoto, di risolvere le grandi domande con le quali si trova a scontrarsi», sottolinea il curatore Antonio Rodríguez. «Abbiamo constatato, attraverso la mostra dedicata alla Matematica e la tavola rotonda con scienziati, che il desiderio ha la forma della ragione, di una ragione aperta. Non vi è linguaggio, non vi è sistema che si giustifichi da se stesso: ogni grammatica è apertura alla realtà», aggiunge Gerez.

Mentre i primi visitatori cominciano a rendersi conto di cosa comporta l’afflusso crescente, aumentano proporzionalmente gli ordini nei tre punti di ristoro collocati all’interno della fiera, tutti gestiti da volontari, e uno, in particolare, da universitari. Si servono birre, insalate e panini mentre inizia una tavola rotonda dedicata a un altro tema tabù per la società spagnola: la possibilità del perdono tra vittime e terroristi. Qualcosa di pressoché innominabile dopo che la violenza indipendentista aveva lasciato dietro di sé quasi mille morti. Intervengono Julián Ríos, avvocato e professore di Diritto penale all’Università Pontificia di Comillas, e Ignacio José Subijana, magistrato e presidente del Tribunale della Provincia di Guipúzcoa, due grandi personalità del mondo giuridico. Ríos ha lavorato a programmi di riconciliazione tra vittime e assassini. La giustizia, racconta, può spalancarsi al perdono. L’incontro è possibile anche in questa circostanza.

La violenza indipendentista ha causato molto dolore in Spagna, come anche il jihadismo con il suo attentato dell’11 marzo 2004. Forse per questo, e per la curiosità di assistere al dialogo fra un musulmano e un cattolico, la sala che ospita l’incontro tra Javier Prades, rettore della Università San Dámaso, e Wael Farouq, professore egiziano, è già piena molto prima dell’inizio. Siamo sicuri che sia la religione la causa della violenza, come ripete la maggior parte dei guru dell’Occidente? È giusto accettare la privatizzazione del fatto religioso come soluzione? «In Occidente stiamo assistendo a un ritorno del fenomeno religioso. In altre parti del mondo non è mai scomparso. Per questo si parla di una società post-secolare. Tuttavia non ogni ritorno del fenomeno religioso è positivo; occorre che la religione dia ragione di se stessa. Ed è vero che in alcuni momenti la religione ha potuto esprimersi in una forma violenta. Ma dal cuore del Vangelo, dallo stesso Gesù, sgorga ciò che rompe la spirale della violenza», afferma Prades. E Wael aggiunge: «Siamo parte di questo male che genera la violenza, è anche responsabilità nostra». L’incontro raggiunge il suo punto culminante quando il musulmano mette in evidenza il valore della testimonianza dei cristiani perseguitati in Iraq e in Siria: «Vediamo il male della persecuzione, ma vediamo anche le centinaia, le migliaia di cristiani in questi paesi che sono morti perché hanno scelto il bene».

Seduta fra i visitatori, ad ascoltare Farouq e Prades, c'è Marina del Corral, segretario generale del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali con delega all’Immigrazione. È un’alta carica del Governo, che rimane sorpresa dalla differenza fra ciò che sta ascoltando e quello che normalmente sente dire. È colpita, non pensa di essere d’accordo, ma continua ad ascoltare. Nel pomeriggio la sua sorpresa si rinnova davanti alla testimonianza di Farhad Bitani, mediatore sociale ed ex capitano dell’esercito afghano, che racconta il suo percorso da una educazione fondamentalista alla scoperta della carità. «L’importante non è semplicemente riconoscere l’altro come un bene, ma farlo quando questo altro è tuo nemico», ha affermato in un altro incontro Jon Juaristi, ebreo, uno dei saggisti e giornalisti più letti in una Spagna spesso divisa. «Continuate a promuovere incontri come questo, in uscita», indica monsignor Carlos Osoro, arcivescovo di Madrid, nella messa di domenica che celebra per tutti.

Sorpresi gli invitati, sorpresi i volontari, sorpresi tutti.


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