I ragazzi del campeggio sulla riva del fiume.

Se il rave tace davanti alla Croce

In una spiaggia di Açutuba, il campeggio per i ragazzi della comunità di Manaus. Canti, giochi e la recita del rosario sotto le stelle. Qualcuno, come Fabiola, si chiede: «C'è qualcosa che corrisponde di più al mio desiderio di felicità?»
Daniel Soares Fróes, Rosana Gemaque e Ney Lima

Pieno di momenti belli e unici. È stato così il campeggio che abbiamo vissuto a settembre, in una spiaggia sulla riva destra del Rio Negro, il più grande affluente del Rio delle Amazzoni, a circa trenta chilometri da Manaus. La proposta è nata alcuni anni fa, per trascorrere insieme alcuni giorni delle vacanze, tra giochi e canti intorno al fuoco. Quest’anno l’attesa era ancora maggiore, perché saremmo stati in spiaggia.

Un gruppo stava preparando accuratamente il programma, quando abbiamo ricevuto l’indicazione di organizzare un momento di silenzio e di preghiera per la pace, su invito di papa Francesco. Immediatamente ci siamo fatti delle domande: come proporre il silenzio e la preghiera a giovani e bambini nel bel mezzo dei giochi? Come possiamo fare? Così abbiamo inserito nella scaletta di sabato sera, prima delle canzoni intorno al fuoco, la preghiera del Rosario camminando lungo la riva. Immaginavamo che i più giovani non avrebbero aderito e che questo “imprevisto” li avrebbe spazientiti. Ma quello che è accaduto è stato una grande sorpresa: tutti hanno aderito, compresi i più piccoli. Anche un gruppo che non avevamo coinvolto. Quando ci hanno visto con le candele in mano, camminare dietro una Croce improvvisata recitando il Rosario, hanno abbassato la musica del “rave” che stavano facendo, per lasciarci passare. E il momento è stato davvero speciale. Abbiamo camminato lungo la spiaggia, recitando il Rosario, sotto il cielo stellato. Questo momento è stato così emozionante che Sabryna, di sei anni, la mattina prima di tornare a casa ha chiesto a sua madre: «Mamma, voglio dire il Rosario e cantare».

Vedere che i giovani non erano infastiditi dalla mancanza di comodità è la prova di quanto sia importante per loro una compagnia vera. Ci ha sorpreso la testimonianza di Luyz, otto anni, che partecipa ai campeggi da sempre: «È il momento in cui incontro i miei amici e faccio nuove amicizie... Dopo la mia famiglia, gli amici sono le persone che fanno parte della mia vita». E come ha detto Anna Clara, quindici anni: «Mi sono piaciuti i momenti di preghiera, la natura e anche stare con gli amici».

Chiamati a essere missionari. Quest’anno il tema del campo è nato dalla grande provocazione che il Papa ha rivolto alla Giornata Mondiale della Gioventù: «Andate in tutti gli ambienti, fino nelle periferie esistenziali, per annunciare Cristo». Volevamo aiutarci a ricordare questa sfida, ricordarla ai ragazzi, e proporgli di invitare i loro amici al campeggio, come gesto missionario. Con il cambio della programmazione, anche noi adulti dovevamo annunciare il Vangelo con la nostra obbedienza. E questo ha reso chiara l’importanza della responsabilità di proporre un momento così.

La partecipazione degli adulti, quest’anno, è stata ancora più bella, ed è stato incredibile vedere quanto siano stati toccati dall’esperienza di trovarsi con noi per la prima volta, o di incontrarsi di nuovo dopo un po’ di tempo, e di essere abbracciati dalla nostra compagnia. Paulinho, che per un anno è stato molto lontano dal movimento, sta per finire l’università, ma ha accettato lo stesso di aiutare in campeggio e questo ha risvegliato il suo desiderio di felicità: «Potevo scrivere la mia tesi durante queste feste, ma ho scelto di stare insieme a voi, e questo mi fa ricordare l’incontro che ha segnato la mia vita... Mi dà la certezza di continuare, perché stando qui non perdo nulla!». Marina, sedici anni, nella sua testimonianza in assemblea ha raccontato che, pur essendo preoccupata per i suoi voti a scuola, si è resa conto che «qui mi sento più me stessa, mi sento compresa, più di quanto potrebbero farmi sentire i bei voti presi a scuola». Un altro amico, accompagnando la moglie e il figlio, si è reso conto di quanto questa esperienza gli abbia fatto riconoscere il valore della famiglia: «Capisco come il Mistero ci accoglie tra le sue braccia, come una madre piena di tenerezza accoglie il figlio, e voglio ringraziare l’azione del Mistero sulla mia vita e sulla vita della mia famiglia, perché è attraverso questo riconoscimento, questa compagnia di amici, che sono sicuro di essere sulla strada giusta».

Fabiola non è riuscita a parlare durante l’assemblea alla fine del campo, era troppo emozionata. Ma poi ci ha inviato una mail per condividere la sua esperienza. «Quest’anno è stato difficile per me. Nel mese di marzo è morto mio fratello, e da allora - non posso dire se è per questo motivo - ho vissuto con una sete di Dio, una sete della mia realtà che non avevo mai provato prima, e le mie emozioni erano sempre a fior di pelle. Da quando c’è stato l’incontro con le testimonianze di quelli che hanno partecipato alla GmG, non avevo mai considerato me stessa con tanta attenzione. Mi sono ritrovata a vivere con quelle persone l’esperienza di quell’incontro! Questo mi ha aiutato a dire di sì all’invito di tornare ad occuparmi della catechesi dei bambini, con la consapevolezza di quel che significa per me, e quindi lo sforzo di cercare di comunicare Cristo ai bambini. E sono andata al campeggio con la stessa sete, ma anche piena di paura perché avevo due bambine piccole, mia figlia Maria Luiza di quattro anni, e Leticia, la mia nipotina di sette, che richiedono un bel po’ di impegno. Sono stati giorni estenuanti, ma volevo viverli con obbedienza, guardando con attenzione tutto quello che ci veniva indicato. Per tutto il tempo ho detto alle bambine che non eravamo lì a fare quello che volevamo, che c’era un tempo scandito per ogni cosa, e che avremmo passato così quei giorni. Ed ero certa che avrei ritrovato quel che avevo avuto la prima volta. Era un modo per ricordare tutto quello che ho scoperto molto tempo fa. Per ricordare quello di cui abbiamo bisogno per vivere, per renderci conto di quello che veramente conta. Trovare, da adulti, le persone che ho incontrato alcuni anni fa, che sono già genitori, e hanno lo stesso desiderio, è qualcosa che mi rende molto felice, perché mi rendo conto di non essere sola, e che tutto questo è per me! Posso essere capita più di così? C’è qualcosa che corrisponde di più al mio desiderio di felicità? C’è qualcosa che voglio di più, per me e tutti i miei amici? La risposta è no! Non c’è niente di più impressionante che guardare quei bambini, quegli adolescenti e desiderare per loro quello che ho trovato io e che ora mi permette di essere attenta a tutto, anche in un momento molto doloroso per me. Ora, pochi giorni dopo il campeggio, i bambini mi chiedono di recitare l’Angelus, mi chiedono di cantare le canzoni che abbiamo sentito lì. Lo ricordiamo insieme, e questo ci aiuta a camminare con Cristo nei nostri cuori. È Lui che rinnova la mia vita attraverso il volto e la compagnia di ciascuno di voi, che mi dimostra che tutto è grazia, che, anche se piango tanto, devo rimanere in piedi. Per Lui e grazie a Lui».

Anche Horlene ci ha scritto dopo i giorni della vacanza: «Da quando esiste il campeggio a Manaus, era la prima volta che non venivo per cucinare. Ero lì senza uno “scopo” preciso, cercavo di fare progetti, mi chiedevo che cosa potevo fare, e sono rimasta sorpresa da mia figlia Paula Esther, che ha deciso di venire con me e di farmi compagnia nella tenda e in ogni momento del campeggio. Poi mi sono sorpresa ancora una volta, vedendo mio figlio Paulo Henrique che giocava con tanta responsabilità e creatività, e mi faceva capire che quel momento era per lui, quindi sapevo che era per me, ed è stato bello vedere i giovani che cantavano vicino al fuoco, e ritrovarmi a guardare le stelle... Ho potuto contemplare la bellezza dell’amore di Dio nella mia vita e durante il campeggio ho ricevuto la visita degli altri miei figli che per motivi di lavoro non erano potuti venire, ma avevano scelto un giorno per godere di questa compagnia tanto cara nella vita della nostra famiglia. Vorrei ringraziare tutti coloro con i quali ho potuto condividere una volta di più questa certezza di Cristo presente nella mia vita e vedere le parole di papa Francesco diventare carne: è necessario lasciarsi sorprendere da Cristo».

La bellezza dei volti dei bambini, dei giovani e degli adulti in questi quattro giorni ci conferma che la grande missione, in effetti, è annunciare Cristo contemporaneo, che ci chiama a essere uomini, ora. Non importa in quale momento della vita ci troviamo: dobbiamo essere aperti a questa grande novità che continua a essere la risposta ai nostri desideri, alla nostra ricerca della felicità.