La <em>Luigi Giussani High School</em> di Kampala.

«La mia scuola è innanzitutto la mia casa»

Il 25 febbraio a Kampala c'è stata l'inaugurazione dell'ala nuova della Luigi Giussani High School. Più di mille i presenti, dalle donne del Meeting Point della Rose al nunzio... Per riscoprire l'origine di quell'opera e i frutti che stanno nascendo
Matteo Severgnini*

«La Luigi Giussani non è innanzitutto una scuola, ma la mia casa». Con queste parole Arnold Odong, studente di 16 anni, ha iniziato il suo intervento il 25 febbraio, in occasione dell'inaugurazione della nuova ala scolastica della Luigi Giussani High School di Kampala.
Tutti i presenti, più di mille, dal nunzio apostolico agli ambasciatori americano e italiano, da una delegazione tedesca dell'Università cattolica di Eichstatt ai dirigenti di banche, dai rappresentanti di Avsi a quelli del Rotary club, sono stati investiti dalla commozione di Arnold e per un istante tutti hanno sentito lo stesso profumo di casa.

Ma come una scuola può diventare una casa? È ancora lo studente che lo svela: «Qui mi sento in famiglia, non vengo a scuola perché devo», spiega Arnold: «Appena apro gli occhi, so che c'è qualcuno che mi aspetta, un professore, il preside, i miei compagni di classe. Per questo vengo a scuola di corsa e desidero essere protagonista continuamente di questo sguardo di amore che non ho mai ricevuto altrove». Paradossalmente si lascia casa per tornare a casa. Che la scuola è una «famiglia», Arnold l'ha capito quando il preside gli ha detto «che non è interessato a me in nome della scuola, ma che è interessato solamente al mio di nome. È appassionato a me».

Tutti i presenti, che in qualche modo hanno partecipato alla costruzione di questa casa, si sentono descritti dalle parole del ragazzo, che con uno sguardo intenso, come se cercasse di fissare tutti i mille sguardi su di lui, conclude: «Solo scoprendo il mio valore, scoprendo me stesso posso essere veramente felice, è questo che sto imparando qui». Dopo questo intervento riecheggiano le parole del preside che ha aperto gli speeches: «La bellezza della struttura che stiamo inaugurando sarebbe nulla senza la vera bellezza dei nostri studenti, dei nostri professori e dei nostri genitori».

Una bellezza tangibile fin dalle prime ore del mattino quando ancora si stavano terminando gli ultimi preparativi per la messa di apertura, celebrata dal nunzio apostolico Michael August Blume. Le intenzioni della celebrazione dicono dell'origine della scuola: l'anniversario della morte di don Giussani, i 60 anni dalla nascita del movimento di Comunione e Liberazione e il riconoscimento della sua Fraternità. Non si poteva fare altrimenti: «Questa scuola è frutto concreto del carisma vivo di don Giussani» ricorda il nunzio nell'omelia.

È stato commovente per tutti vedere all'offertorio più di quattrocento donne, tra madri degli studenti della scuola, pazienti e amiche di Rose Busingye, che hanno contribuito in prima persona alla costruzione dell'edificio attraverso la vendita di più di 48mila collane grazie all'aiuto di Avsi, iniziare una processione per donare quel poco che hanno, che è tutto, per dimostrare la loro gratitudine. Sale, uova, verze, sapone, verdure, ananas e banane. Sull'altare non ci stava più nulla. Ciascuna di quelle donne, inginocchiandosi per offrire tutto di loro, dimostrava la vera statura e dignità dei presenti. Una festa senza precedenti, cui non si poteva rimanere indifferente.

Al termine della messa il tanto atteso taglio del fiocco. Esso ha svelato il nuovo edificio, i nuovi uffici, un laboratorio di chimica e biologia che ospiterà 80 ragazzi, la libreria, il laboratorio di informatica, due nuove classi ed infine la Main Hall.
Il nunzio e l'ambasciatore italiano, oltre a scoprire la targa inaugurale della scuola, hanno svelato l'immagine, posta all'ingresso della scuola, di don Giussani, mentre è intento a spiegare il significato del grafico che ha appena disegnato: una linea orizzontale da cui sorgono quattro frecce ed al centro una grande X che scende sulla linea orizzontale. Non è un caso che sia lo stesso del logo della scuola. Il Destino di ciascuno di noi si è fatto carne e si è reso incontrabile, amabile, per questo, da quel momento, nulla è stato più lo stesso ed è da questa originalità assoluta che la scuola è nata.

«Tutto è nato dal rapporto di paternità che ho vissuto con don Giussani», dice Rose Busingye. «È nell'incontro con lui che ho scoperto chi sono e che, quindi, sono state poste le prime pietre per la costruzione di questa opera educativa. Senza la commozione per il fatto che siamo amati, siamo fatti ora, per cui possiamo scoprire il nostro valore, questa scuola non esisterebbe».

Come ci ha scritto don Julián Carrón: «È la scoperta di questo valore che vi ha reso costruttori di una scuola. Per questo vi raccomando di non dimenticare mai il motivo per cui avete accettato di sacrificarvi per questa opera: la passione per l’educazione dei vostri figli, rendendo "visibile l'essenziale", come dice papa Francesco».

La giornata si è conclusa con canti e danze africane. La gioia e la gratitudine, dipinti sui volti degli studenti, dei loro genitori, degli insegnanti e di tutti gli invitati, hanno svelato che l’essenziale si è reso visibile ed ha investito e riempito i cuori di tutti, facendoci sentire tutti a casa.

*Insegnante e coordinatore presso la "Luigi Giussani High School"