Un momento dell'incontro.

MODENA Dall’umanità di Enzo, nasce un premio

Mario Melazzini, oncologo malato di Sla, ha vinto il riconoscimento in memoria del chirurgo modenese. Ecco come, al di là del ricordo, Piccinini sta diventando «una compagnia anche per chi non lo ha conosciuto»
Matilde Sacchi

Un fatto. A Modena, il 21 ottobre, è accaduto un fatto di quelli che lasciano il segno. La Fondazione Enzo Piccinini, intitolata al chirurgo reggiano scomparso in un incidente nel 1999, ha istituito un premio per onorare la sua memoria.
Promosso in collaborazione con l’associazione Medicina e Persona di Modena, il Premio «è nato per prendere sul serio la posizione umana di Enzo di fronte alla malattia, di fronte alla vita», ha raccontato Giampaolo Ugolini, responsabile dell’area medico scientifica della Fondazione. Perché «Enzo sta diventando una compagnia anche per chi, come me, non lo ha conosciuto», ha detto Giorgio Bordin, direttore sanitario dell’Ospedale Piccole Figlie di Parma e moderatore dell’incontro: «Una conoscenza che va al di là del ricordo di un bravo chirurgo». Il Premio Enzo Piccinini, alla sua prima edizione, è stato assegnato a Mario Melazzini, oncologo dal 2003 malato di Sla. Nel corso della cerimonia Fiorisa Manzotti, moglie di Piccinini, gli ha consegnato un’opera del pittore Domenico Casadei (Palino).
Con voce leggera ma decisa, alle oltre 500 persone che hanno affollato il Centro servizi didattici del Policlinico di Modena, Melazzini ha raccontato la sua vita legata in modo indissolubile alla malattia. Il suo è stato un cammino di lotta, drammaticamente umano. Uno scontro-confronto con la malattia, che da un’iniziale ipotesi di suicidio assistito lo ha portato «all’accettazione dei propri limiti, fino alla consapevolezza che la malattia può rappresentare una vera e propria medicina per chi deve convivere con essa».
Piccinini e Melazzini: due medici, ma anzitutto due uomini diventati grandi per la passione di entrambi per questa professione. Per la vita. I due non si sono mai incrociati, ma chi ha conosciuto Enzo, personalmente o attraverso le testimonianze di collaboratori e amici, ritrova quei tratti nel modo con cui Melazzini spiega il suo percorso umano. Un cambiamento nello sguardo che lo ha portato a dire: «Io ci sono», così com’è. C’è, nonostante l’immobilità del corpo, perché ci sono la ragione e il cuore che sfondano il limite fisico. Commuove per l’intensità con cui affronta le cose, dalle più banali, come parlare, alle più difficili. «La sofferenza e il dolore fanno parte del nostro vivere quotidiano e, paradossalmente, possono essere vissuti come un valore aggiunto», ha sottolineato Melazzini: «La vita è difficile, la quotidianità è pesante, ma solo per il fatto di esserci, questo ci deve rendere felici». La stessa felicità che Enzo Piccinini ha cercato, trovato e vissuto nei suoi 48 anni di vita terrena.
Medici “anomali” in una sanità che, spesso, si limita all’aspetto patologico e diagnostico di un paziente e dimentica che chi ha di fronte è, prima di tutto, una persona che ha bisogno di essere ascoltata e guardata. «Noi medici dobbiamo avere il coraggio di amare chi abbiamo davanti», ha detto Melazzini. «Perché un malato non ha bisogno solo di competenze scientifiche, ma anche di umanità, affetto e amore».
Dunque uno sguardo da uomo a uomo. Così come faceva Enzo con i suoi pazienti, con chi incontrava anche una sola volta. Una passione per l’umanità dell’altro perché, allo stesso modo, Enzo amava la sua umanità, come ha precisato il dottor Maurizio Pirazzoli, direttore amministrativo del Policlinico di Modena: «Enzo era un uomo di fede. Un valente medico capace di far crescere valenti collaboratori. Aveva uno slancio contagioso con quanti venivano coinvolti nelle sue iniziative». Mentre Nicolino D’Autilia, presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Modena, ha detto: «I dottori oggi sono sempre sotto la pressione dei mass media e della collettività: è necessario riscoprire il valore del rapporto tra medico e paziente». Per Gabriella Aggazzotti, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena, «non sempre è facile partecipare ai problemi del paziente». Spesso i giovani medici cercano un distacco, per non lasciarsi coinvolgere dal dramma dei malati. Di qui, la provocazione della Aggazzotti: «È adeguato questo atteggiamento tecnico?».
Frasi dette e verità riconosciute soprattutto quando Mario Melazzini ha spiegato che «lo sguardo come fattore di cura» è uno dei più importanti medicinali che esistano. Di quelli che costano poco, ma valgono molto.