Don Giussani e alcuni giovani al faro di Portofino.

RAPALLO Una via ricorda don Giussani

La cittadina ligure, sede storica dei primi raduni di Gs, ha voluto intitolare una strada al fondatore di Cl. Un uomo che, ricordato da Giancarlo Cesana, «quando entrava in una stanza la riempiva. Perché trasmetteva una febbre di vita»
Giuseppe Culoma

Era un bel giorno quello in cui il comune di Portofino decise di mettere un ricordo sulla scogliera, proprio sotto il faro dove venne scattata la celebre foto di don Luigi Giussani e di un gruppo di giovani. Ce n’era, allora, uno presente di quel gruppo, e raccontò come arrivarono lì. A fine settembre 1955, Don Giussani aveva riunito i suoi ragazzi a Rapallo per alcuni giorni di convivenza e riflessione prima dell’inizio dell’anno scolastico. L’incontro si svolse a Villa Fiorenza, in via Ponte Annibale, allora di proprietà della famiglia Costa ed utilizzata come pensionato per ritiri a carattere religioso. Da lì partirono per la gita e ora anche lì c’è un ricordo, dell’avvenimento e di don Giussani. A quattro anni dalla morte, l’amministrazione comunale di Rapallo ha deciso di immortalare quel primo evento della vita di Gs, che racchiudeva in sé tante straordinarie conseguenze, intitolando a don Giussani il breve tratto di strada che congiunge via Marco Polo a Villa Fiorenza. Una targa in ceramica, opera dell’artista chiavarese Adriano Pastori, sarà posta sul muro di cinta della villa. La targa porta incisa una frase tratta da un discorso che don Giussani lesse di fronte a Papa Giovanni Paolo II il 30 maggio 1998: «Il protagonista della storia è il mendicante: Cristo, mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».
Don Giussani era un grande amante del mare e della costa ligure. Tutti conoscono la storia degli Esercizi di Varigotti, che sta dall’altra parte della Liguria, e di un’altra celebre foto in occasione di un raggio. Ebbene, Rapallo viene prima. È l’inizio. A don Giussani piacque molto l’ambiente della cittadina rivierasca e decise di ritornare nella nostra città l’anno successivo quando, in occasione di un altro ritiro, intraprese, assieme ai suoi ragazzi, una memorabile gita a piedi al faro di Portofino. Lì venne scattata la foto, lì ora c’è un bassorilievo bronzeo, opera dello scultore Lorenzo Cascio, murato sulla parete rocciosa della piazzetta sottostante il faro.
Don Giussani aveva lasciato l’insegnamento al seminario un anno prima, nel 1954, per approdare in una delle scuole più laiche di Milano, il liceo classico Berchet. Lo muoveva, come ha testimoniato Giancarlo Cesana, la tensione ad annunciare «la presenza di un altro mondo in questo mondo». Cesana ha parlato nel teatro di Rapallo, il suggestivo teatro delle Clarisse, ricavato dalla chiesa di un convento. Con lui il sindaco Mentore Campodonico e don Pino De Bernardis in rappresentanza del vescovo. «Era uno che quando entrava in una stanza la riempiva» ha detto Cesana descrivendo don Giussani. «C’entrava con tutto, lui si sentiva così. Comunicava una febbre di vita, sentiva l’erba crescere. Ci diceva sempre: "Queste non sono cose che succedono spesso, a noi sono successe. E noi dobbiamo cercare di permettere a tutti di viverla, altrimenti questa sarebbe un’esperienza malinconica. Il movimento è un racconto, l’annuncio dell’incarnazione"».
La testimonianza di Cesana ha colpito tutti, ma soprattutto i numerosi giovani che, non dubitiamo, hanno provato lo stesso brivido di vita di quelli dei ritiri del 1954-55. Momenti in cui si parlava, si cantava, si rifletteva, si scherzava, si camminava, si pregava. Si viveva, si vive. Con l’emozione dell’incontro con Gesù Cristo, con il senso di scoperta che aveva accompagnato don Giussani, fin da quella lontana mattina d’inverno quando sua madre, alla vista dell’ultima stella che brillava nella luminosità crescente del cielo, aveva esclamato: «Com’è bello il mondo e com’è grande Dio!».