Le proteste a Torino.

I "forconi" e la riscoperta dell'umano

Commercianti, cassintegrati, disoccupati e ultras. I giorni che precedono il Natale sono segnati dalle proteste. Gli studenti del Clu propongono un volantino. Ha senso reagire così? C'è spazio per un impegno costruttivo? Ecco il testo

La settimana scorsa le vie di Torino e di altre città italiane sono state teatro di varie forme di protesta che i media hanno unificato sotto il nome di "Sciopero dei Forconi".
In piazza si sono visti commercianti schiacciati dalla eccessiva pressione fiscale, cassaintegrati e disoccupati, ultras ed estremisti di varie fazioni politiche.
Quello che ci ha colpito sono state la rabbia e la disperazione che, in forme diverse (arrivando anche a certi eccessi di violenza e a gravi violazioni della libertà dei cittadini), hanno accomunato tutti coloro che sono scesi in piazza.

Tutto questo non può lasciarci indifferenti. E non può essere affrontato con giudizi superficiali e distaccati.
Il bisogno che è risuonato in piazza è inequivocabilmente reale, concreto e necessita di essere ascoltato; ma ci chiediamo: se è vero che protestare è un diritto, che senso ha tuttavia organizzare una forma di protesta estrema senza proporre una alternativa valida e percorribile nel futuro immediato?
A guardare veramente la realtà che abbiamo intorno è impossibile non scorgere esempi che testimoniano come l'impegno con la vita quotidiana, con la realtà e le problematiche con cui si presenta tutti i giorni sia una vera strada costruttiva e un vero modo di vivere la politica. Quest'ultima infatti non è solo compito di chi governa, ma dimensione di ogni persona.
Questo ci testimoniano tante realtà intorno a noi: enti caritatevoli, religiosi e non, che ogni giorno si prendono cura di coloro che hanno più bisogno, strutture che si occupano della formazione professionale di ragazzi che altrimenti abbandonerebbero la scuola, associazioni che si impegnano per la ricollocazione dei disoccupati nel mondo del lavoro, enti di volontariato che provvedono ad offrire sostegno alimentare, educativo e sanitario, professori e studenti che, nelle scuole e in università, vivono con passione l'insegnamento e lo studio... La prima politica è vivere.

Ma non basta. L'esigere dal sistema politico (che certamente ad oggi ha molto su cui riflettere e su cui lavorare) la risoluzione della propria vita è un errore che può portarci fuori strada: le proteste di questi giorni, che hanno spesso evidenziato questa pretesa, sono, in fondo, segno di un dramma del vivere che da sempre caratterizza la vita dell'uomo. Dramma al quale nemmeno il sistema economicamente e socialmente più perfetto potrebbe rispondere. Ciò che l'uomo di oggi ha l'occasione di riscoprire è il valore della propria persona, valore inattaccabile, in ultimo indipendente dalle congiunture economiche, sociali e politiche nelle quali si trova immerso. Questa è la sfida che ciascuno di noi deve assumere: altrimenti, anche se cambiasse la situazione, la battaglia sarebbe perduta.

Ci chiediamo: cosa può permettere a ciascuno di noi di impegnarsi costruttivamente con la realtà senza trasformare questo impegno in un arido dovere moralista (che presto o tardi stanca)? C'è nella realtà una risposta, o un'intuizione di risposta, che conferisca all'esistenza un orizzonte di senso, che ridoni all'uomo la sua statura umana anche nelle condizioni sociali ed economiche più difficili?
A questo proposito, forse non è un caso che proprio ora arrivi il Natale: guardare alla famiglia che, nella più assoluta umiltà e povertà, ha introdotto una delle più grandi novità della storia, può essere un contributo a rispondere a questi interrogativi?

Comunione e Liberazione universitari Torino