Presentazione di "Vita di don Giussani" a L'Aquila.

«Più vivo che mai in questo piccolo popolo»

La presentazione di "Vita di don Giussani" di Alberto Savorana nel capoluogo abruzzese. Bambini, universitari, medici e professori. Nell'auditorium costruito dopo il terremoto c'erano proprio tutti. Spettatori del «nostro "bel giorno" aquilano»
Grazia Cotroni

L'Aquila, 5 novembre, ore 18.30. Dentro le mura, nel parco del Castello, persone diversissime per età e professione cominciano ad entrare nell'auditorium costruito dopo il terremoto. Ci sono bambini, ragazzi, medici di famiglia, architetti, preti, suore. Ci sono anche il prefetto, il Vescovo, il direttore di un laboratorio d'analisi e il presidente dell'Ordine dei medici. Sono tutti riuniti per la presentazione del libro Vita di don Giussani. Ma è possibile che un libro sulla vita di un prete metta insieme una massa così eterogenea? Molti tra i presenti non sono neppure cattolici.

L'incontro inizia con due canti. Il primo: Gracias a la vida, preparato da un gruppetto di universitari. Ci sono anche loro. Il secondo è La canzone degli occhi e del cuore. La strofa è affidata a un solista, ma il ritornello si canta insieme. Dalla platea si alza la voce di venti, forse trenta persone tra le duecento in sala. Proprio come nel testo della canzone, questi "cuori" sembrano pochi in mezzo all'auditorium, ma il canto è talmente bello da far vibrare quelli di tutti. Tanto che il prefetto, alla fine dell'incontro, si alzerà per dire: «Grazie! Ho ascoltato sia i canti che l'incontro ed entrambi mi hanno commosso. Torno a casa un po' invidioso e con la curiosità di verificare ciò che ho sentito».

Nel saluto del vescovo Giuseppe Petrocchi, la sfida di portare a tutti ciò che abbiamo ricevuto: «Don Giussani è stato un dono per il nostro tempo. Ringrazio i relatori, perché con la loro testimonianza vogliono comunicarcelo».

La prima ad intervenire è Vittoriana Filoni, psicologa e insegnante in un liceo di Scienze umane. Del libro riprende il "don Giussani dei giovani" e sottolinea che non solo lui è stato un grande educatore, ma ci ha anche indicato un metodo: «Scommettere sul cuore, sulla ragione e sulla libertà dei nostri ragazzi».

Prende poi la parola Osvaldo Michelini, medico chirurgo che, per mestiere, si trova tutti i giorni a contatto con la sofferenza. Il suo libro è tutto sottolineato, pieno di post-it. Incomincia con una scoperta: il libro, all'inizio, sembra parlare di don Giussani. Poi, dice, è come se incominciasse a parlare alla persona che lo legge, tanto da provocarla: «Don Giussani parla a me, mi da del "tu". Sono entrato in rapporto con lui». E continua con una riflessione: «Oggi a mancare non è Dio, per don Giussani manca l'Uomo con la "U" maiuscola, quello che ha coscienza che il suo cuore è nostalgia. L'ho sempre saputo ma non l'avevo mai esplicitato: il mio cuore, come quello di tutti gli uomini, cerca la felicità». E infine: «La lettura che don Giussani fa di Leopardi è geniale. Vede in lui un uomo leale con il proprio cuore, che cerca la vera bellezza». Il lettore, quasi tenuto per mano, raggiunge il vero e proprio centro intimo della vita del sacerdote di Desio: «La bellezza coincide con l’incontro con la persona di Cristo», l'unico che risponde a tutte le esigenze dell'uomo in modo totale e non parziale. Il giorno in cui don Giussani ebbe questa intuizione fu da lui chiamato «il bel giorno».

Ma ciò che forse colpisce e commuove ancora di più, è il don Giussani dei momenti dolorosi, quelli prima della morte. Michelini riprende ancora un episodio in cui don Giussani, in un momento di tregua dai crampi, confida all’infermiere che lo assiste: «Sono contento come quando avevo quindici anni e se il Signore non mi avesse dato da vivere quello che sto vivendo, non sarei così contento». Leggendo, commosso, commenta: «Da tali parole capiamo come può trasformarsi la vita, quanto possa apparire invidiabile e desiderabile nel momento in cui la persona è permeata dalla presenza di Cristo».

L'autore del libro, Alberto Savorana, prende la parola per ultimo. Nel concludere evidenzia e valorizza gli interventi precedenti e racconta altri fatti del libro. Il rapporto tra don Giussani e monsignor Corti, per esempio, legato, appunto, al "bel giorno", o il fatto che per il fondatore di CL la figura di Gesù non era qualcosa che si aggiungeva alla vita dell'uomo, ma una risposta vera alle sue domande. E mentre lo racconta non si può non vedere un uomo trasformato dalla scrittura e dalla rilettura del libro.

Uscendo, noto un tratto comune a tutti i presenti: negli occhi, una luce diversa. C'è la dentista che doveva rimanere solo mezz'ora. Ha spostato l'impegno durante l'incontro per rimanere. E così fanno altri. C'è il direttore del laboratorio di analisi che dice: «Incontro eccezionale», e si guarda in giro: «Non è possibile». C'è anche un prete di colore che ringrazia Michelini per la sottolineatura sulla carità: «Non l'avevo mai capita in questo modo». C'è anche la vicina di casa di Angela, trasferita da poco. Inglese, da un po’ di tempo viene agli incontri perché dice: «Che sorta di "vibrazione buona" hanno queste persone, voglio sapere di più sul loro conto». E quando è riaccompagnata a casa dà un abbraccio interminabile, non si vuole staccare tanto ha il cuore pieno di gratitudine. E Simona: «A me non sembra che don Giussani sia morto, sembra più vivo che mai dentro questo piccolo popolo». E poi c'è chi, come me, guarda con occhi spalancati il nostro "bel giorno" aquilano: «La notte che ho visto le stelle non volevo più dormire, volevo salire la in alto per vedere e per capire!» Perché, come ha detto Savorana durante la presentazione, «da quando accade il "bel giorno" le domande non finiscono, ma iniziano».