Monsignor Josef Clemens.

Lo Spirito è più forte dei nostri programmi

Un convegno alla vigilia dell'incontro con papa Francesco. L'intervento di monsignor Josef Clemens sul pensiero di Ratzinger e le testimonianze. Un momento per capire di nuovo che nella Chiesa «l'unità non è uniformità»
Anna Minghetti

In questi giorni Roma sta vivendo un anticipo dell’incontro tra i movimenti e il Santo Padre di sabato 18 e domenica 19 maggio. L’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ha organizzato per l’occasione un convegno internazionale di più giorni, dal titolo La primavera della Chiesa e l’azione dello Spirito, che il 16 maggio ha visto la partecipazione di vari personaggi del mondo ecclesiastico, e la presenza dei rappresentati di molte realtà carismatiche.

Di particolare interesse l’intervento del Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, monsignor Josef Clemens, che ha ripercorso i nodi principali del pensiero del cardinal Joseph Ratzinger a proposito dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. Già trent’anni fa, quando in Germania i movimenti erano ancora realtà piccole, l’attuale Papa emerito aveva già una coscienza chiara e acuta di quello che essi rappresentavano. Considerati frutti autentici del Concilio Vaticano II, Ratzinger ne parlava principalmente come luoghi di una fede vissuta e missionaria e come doni dello Spirito Santo alla Chiesa del nostro tempo, in un momento in cui nessuno avrebbe potuto progettarlo: «Trovo meraviglioso che lo Spirito sia ancora una volta più forte dei nostri programmi». La concezione dei movimenti come dono è stata ripresa anche dal gesuita Gianfranco Ghirlanda, aggiungendo che il carisma collettivo viene dato perché sia un bene non solo per la singola realtà che lo riceve, ma per la Chiesa universale. Affascinante il suo approfondimento circa la collocazione canonica dei movimenti, dove se da una parte ha sottolineato la necessità che essi agiscano in comunione con la Chiesa e con chi la guida, dall’altra ha posto in luce la preoccupazione propria dell’autorità competente nel cercare una definizione giuridica che rispecchi fedelmente l’esperienza di chi vive un determinato carisma. L’importanza della vivacità dei movimenti in un periodo in cui invece si riscontra una diffusa stanchezza nel testimoniare la fede, è stata evidenziata anche dall’intervento dell’arcivescovo di Valladolid Ricardo Blázquez Pérez che – concentrandosi in modo particolare sull’esperienza del Cammino Neocatecumenale – ha concluso la mattinata.

Se nella prima sessione i diversi carismi sono stati solo oggetto del dibattito – tramite il giudizio di osservatori più o meno esterni - nel pomeriggio essi sono divenuti veri e propri protagonisti, raccontandosi in prima persona attraverso gli interventi dei rappresentati di tutti i principali movimenti e delle realtà più piccole e recenti. Dall’avvicendarsi delle relazioni sono emersi i caratteri propri di ciascun carisma ed è stato possibile constatare come la diversità sia un’occasione per capire come l’unità sia cosa ben diversa dall’uniformità, come ha sottolineato monsignor Josef Clemens. Anzi, è proprio lo Spirito stesso che sceglie di servirsi della diversità dei carismi per portare alla Chiesa un’ulteriore ricchezza. Ricchezza che è emersa più volte, come ad esempio in quanto ricordato da Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, che ha testimoniato il fascino dell’incontro quotidiano con Cristo, di cui ciascuno può fare esperienza qui ed ora. Perché, ha detto Fontolan, non si arriva a Lui attraverso uno sforzo di coerenza, ma perché si è bisognosi. O ancora, ricchezza che è stata evidente nel richiamo all’unità di monsignor Piero Coda del Movimento dei Focolari, secondo l’esortazione evangelica «che siano una cosa sola perché il mondo creda che Tu mi hai mandato», o nell’invito fatto da Salvatore Martínez del Rinnovamento nello Spirito Santo, a non aver paura a lasciare che lo Spirito entri e smuova la nostra vita. Al di là delle differenze nella forma, è apparso evidente che ciò che accomuna tutti questi movimenti - ed è ciò che ha portato gli ultimi Pontefici a riconoscere l’importanza di questa nuova giovinezza della fede - è il desiderio di giungere alla conoscenza di Cristo.